Io e Dio: non è solo la “D” a fare la differenza

La storia dell’umanità è la storia del cammino che porta da “io” a “Dio”. Tutti gli uomini e tutte le filosofie e le teologie sono, nel tempo, la ricerca di quella “D”. Trovano la loro ragione d’essere proprio in questa ricerca.

L’uomo, tuttavia, in quanto dotato di intelligenza, volontà e libertà ha anche la pretesa di mettersi al posto di Dio o di voler essere come Lui. Non solo l’uomo, pure il Diavolo; che esista o meno ha anche poca importanza, conta invece molto la storia: un puro spirito, un angelo, che vuole essere come Dio e ci rimette le… ali. Adamo che non resiste a mangiare il frutto dell’albero e i costruttori della Torre di Babele, che vogliono arrivare fin nell’alto dei cieli.

Oggi si dice solo per scherzo: “se fossi Dio farei questo o quest’altro”, ma di fatto l’uomo di oggi più che dire, si comporta come se fosse Dio. Basti pensare alle frontiere della bioetica e all’uso delle tecnologie nei vari ambiti della manipolazione della vita; oppure ai grandi dittatori o ai politici che pensano di essere indispensabili e che poi immancabilmente ci lasciano le penne.

Di solito l’uomo dice: “se fossi Dio farei…” solo quando è tanto impotente da cambiare il corso delle cose. Chi è potente non lo dice, ma pensa dentro di sé di essere invincibile, quasi come Dio; e si sente Dio semplicemente a rimanere nella condizione in cui si trova.

Quando si dice di voler essere Dio, si tiene presente solo quell’attributo di Dio che è l’onnipotenza, solo ciò che desta stupore, meraviglia, timore di fronte alla forza.

Ma questa è una concezione di Dio che non è neppure tanto biblica, se lo è riguarda, e neppure tanto, l’Antico Testamento. La concezione cristiana è quella di un Dio debole, non nel senso che non sia onnipotente, ma nel senso che manifesta questa sua onnipotenza “soprattutto con la misericordia e il perdono”, secondo l’espressione della liturgia.

È un Dio che lascia l’uomo “in mano al suo consiglio”, libero pure di rovinarsi l’esistenza, perché questo comporta la sua dignità, di essere cioè fatto a immagine e somiglianza di Dio.

Il Dio di Gesù Cristo è un Dio “perdente”, secondo le logiche di questo mondo, che aspetta paziente i lunghi tempi degli uomini.

Se si esamina velocemente e senza uno sforzo di analisi particolare il testo della canzone di Gaber “Se io fossi Dio”, si nota che l’uomo vorrebbe fare e forse farebbe tutto e il contrario di tutto, sarebbe non un dio che fa, ma che “strafà”. Nell’ultimo verso, Gaber scrive: se fossi Dio mi ritirerei in campagna come ho fatto io.

Nel fare tutto e il contrario di tutto si scopre e si sperimenta il non senso, anche perché si vorrebbe fare tutto subito.

Ma i cambiamenti spesso richiedono tempi lunghi, così come l’educazione e la crescita delle persone, non senza puntare i piedi quando serve.

Il grido dell’uomo contemporaneo continua a salire verso Dio e ad interpellarlo, anche per le ingiustizie e per il male che è nel mondo e soprattutto per quelli patiti dalle persone povere e bisognose.

Il Dio cristiano è un Dio che aspetta e fa aspettare, spesso fa anche spazientire, non fa tutto e il contrario di tutto come potrebbe fare seguendo il testo di Gaber.

Forse Dio si è ritirato in campagna, in attesa di tempi migliori, “come ho fatto io”.