Intervista al candidato sindaco Costini

La nostra Provincia, analizzata sotto il punto di vista imprenditoriale, è caratterizza da circa 13.000 imprese attive. Di queste il 52% è legato all’agricoltura e al commercio. Altra fetta, pari al 12%, opera nell’edilizia. L’impresa industriale è poco sviluppata. Le aziende reatine sono per il 77% imprese individuali. Una cospicua percentuale delle restanti è costituita da micro-imprese.

Questi dati danno la visione di una provincia ricca di iniziative imprenditoriali, ma di modeste dimensioni. Il rapporto tra imprese e numero di abitanti di Rieti è percentualmente inferiore alla situazione di altri centri della provincia. C’è da chiedersi se ciò sia dovuto alla sua vocazione agricola o al soffocamento dell’iniziativa privata causato dall’avvento dei grandi centri commerciali.

Lo sviluppo economico più consistente è avvenuto nella Sabina, a ridosso di Roma. Le infrastrutture ferroviarie e autostradali sono il grande valore aggiunto di quelle zone.

Una parte consistente della produzione proviene dalla forestazione, dal comparto agricolo e dalla zootecnia. Ciò corrisponde ad un territorio montuoso per il 60%. La pianura reatina produce in modo costante cereali; la Sabina ormai si è dedicata, quasi totalmente, alla produzione di olio e vino.

Un altro dato che fa riflettere, anche in relazione all’incremento moderato delle imprese, è l’incidenza della popolazione con più di 65 anni. Con il 23% circa dei residenti, la presenza di ultra sessantacinquenni a Rieti è superiore alla media dell’Italia Centrale. Le istituzioni dovrebbero tenere presente il problema degli anziani, sia per attuare opera di prevenzione sanitaria, sia per attuare politiche inerenti alle problematiche connesse alla vecchiaia.

La nostra provincia, con una popolazione anziana e con famiglie mono reddito, fa riscontrare una crescente contrazione dei livelli di domanda interna. Ne consegue un mercato interno asfittico, che rende precaria la situazione di molte imprese locali.

A questo va aggiunto il difficile rapporto con il credito tra le famiglie e le banche, e tra le imprese e le banche.

Tutto ciò rende la crisi nella nostra Provincia più complessa che in altre parti del paese. Oggi si manifesta ancora di più con effetti sui livelli di occupazione e di tenuta delle imprese. E quanto sopra costituisce solo una parte dei punti che delineano il profilo del territorio.

Compito delle Amministrazioni locali sarebbe quello di prevenire le situazioni di crisi costruendo progetti che possano meglio resistere alle calamità economiche internazionali. Bisogna saper gestire, e non rincorrere, la crisi, come facciamo oggi. Emblematico è il caso della Ritel.

Il punto di forza della nostra economia non può che essere l’agricoltura. Non solo come fabbisogno interno, ma anche come serbatoio per Roma. Le istituzioni locali dovrebbero investire maggiore energia nel produrre progetti di rilancio di zone montane, pastorizia e prodotti del sottobosco. L’agricoltura vista nel suo complesso, con la forestazione e la zootecnia.

Altra leva positiva dovrebbe essere il turismo. Quello religioso, ovviamente, ma anche di quello archeologico. Quest’ultimo anzi, potrebbe farci fare un notevole salto di qualità, e lo stesso varrebbe per la valorizzazione delle acque termali. Si dovrebbe dare maggiore importanza alle nostre sorgenti, viste come bene pubblico. E restando in tema di ambiente, il territorio di Rieti non mancherebbe certo di opportunità per quanto riguarda le energie rinnovabili.

Questa breve analisi sul nostro territorio è propedeutica all’incontro con Felice Costini, leader di Area-Rieti, nonché candidato a Sindaco della città.

Dott. Costini, quali riflessioni le porta lo scenario del nostro territorio che abbiamo riportato?

Innanzitutto la necessità di uno scatto di orgoglio da parte del nostro territorio, che deve trovare la capacità di uscire dalla crisi puntando prima di tutto sulle proprie potenzialità, ben descritte nella sua analisi. Oggi è necessario che la classe politica reatina formuli un nuovo modello di sviluppo economico, che noi riteniamo debba essere incentrato sullo sfruttamento delle risorse locali, passando però dagli slogan, fin troppo abusati, alla concretezza delle azioni. Ambiente, qualità della vita, ricchezze culturali ed enogastronomiche sono realtà non de-localizzabili, ma che debbono essere messe in rete con un sistema turistico moderno ed efficiente per poter diventare volano di economia e nuova occupazione. Affiancare a questo un nuovo piano di crescita industriale, basato sulla piccola impresa, aiutata ad investire sull’innovazione e sulla internazionalizzazione, investire sul ruolo dell’artigianato locale, inserito in un disegno più ampio di valorizzazione del patrimonio del territorio significa costruire un modello di sviluppo locale, competitivo nel mercato globale, difficilmente influenzabile dalla speculazione finanziaria. Per questo ritengo che Piani Integrati, progetto Plus, cittadella dell’innovazione, rete dei saperi siano gli strumenti da mettere, rapidamente in campo, per costruire una nuova speranza.

Lei è l’unico candidato che ha già il programma per il Comune, e lo ha già illustrato. Quale linea ha seguito per la sua composizione?

Mettere a frutto l’esperienza mia dei militanti di Area nell’amministrazione, nella propria realtà professionale e generazionale; ascoltare il tessuto sociale, cercare di comprendere le richieste provenienti dal mondo delle imprese, soprattutto dando centralità alle associazioni di categoria, fuori da personalismi e particolarismi; osservare e valorizzare l’impegno delle associazioni del terzo settore. “Condire” tutto questo con l’amore per la nostra Terra, la passione per l’impegno Politico e un po di fantasia.

Durante la presentazione le ha definito il suo progetto “valoriale e culturale”, con il costante confronto con la gente e con i segmenti interni della nostra società- scuola, commercianti, imprenditori, associazioni. Crede sia l’inizio per dare vita ad un modello di vita politica partecipativa?

Oggi la società, i cittadini hanno l’esigenza di una maggiore partecipazione alla vita politica. Il progresso tecnologico, internet, hanno creato le condizioni per cui il sapere è diffuso in modo trasversale, permettendo a chi vuole di conoscere di avere la possibilità di proporre idee e soluzioni. Se la politica non riesce a interiorizzare questo cambiamento, e a dare risposte concrete, il rischio è che questa richiesta di partecipazione degeneri nel qualunquismo, nel particolarismo. Nel ‘900 la partecipazione avveniva nelle sedi di partito e nelle piazza, attraverso comizi, manifestazioni, li si discuteva, si condividevano scelte, si selezionavano classi dirigenti; oggi la piazza si è ampliata, divenendo virtuale, ma non per questo meno reale. Riscoprire l’impegno, esorcizzare la tendenza all’atomizzazione sociale, recuperare il senso della Res Pubblica come cosa pubblica, e quindi di tutti e non di una ristretta cerchia di illuminati è la sfida del nostro tempo. Quando ero assessore ho dato vita al progetto dell’Urban Center, piazza della città dove condividere i grandi progetti urbanistici della nostra comunità: una parte della politica si è spaventata, perché si vedeva esautorata di una propria prerogativa, non capendo che solo se la politica avrà il coraggio di rimettere in gioco se stessa potrà riacquistare autorevolezza, altrimenti si parlerà sempre più di casta, ed aumenterà la distanza tra cittadini e amministratori.

Crede che sia possibile dare la possibilità, a costi agevolati, a insediamenti di imprese che facciano innovazione?

Credo che più che intervenire sui costi, che tra l’altro nella nostra provincia sono già competitivi con altri territori, la scommessa è quella di investire in strumenti da mettere a disposizioni delle imprese. Investire in tecnologia, realizzare la cittadella dell’innovazione, strumento da mettere a disposizione delle imprese del nostro territorio, mettere in rete i centri di ricerca già presenti nella nostra provincia, creando un laboratorio di ricerca a servizio dei piccoli imprenditori, investire con oculatezza sulla produzione di energia rappresenterebbero una serie di benefit utili ad attrarre investimenti, particolarmente di piccole imprese, creando un circuito snello, facilmente riconvertibile, in grado di aggredire il mercato, avendo alle spalle un territorio amico e solidale. Investire sull’imprenditore che mette in gioco se stesso, la propria intelligenza, che costruisce con i propri dipendenti un rapporto di franca collaborazione, ci permetterebbe di creare nuova occupazione, stabile e di prevenire lo sciacallagio che in questi anni hanno messo in atto le multinazionale, interessate a depredare gli incentivi pubblici, per poi andarsene lasciando devastazione e disoccupazione

Il lavoro e il recupero delle nostre migliori risorse umane – i giovani – è il viatico per un cambiamento culturale?

I giovani sono il futuro, una Terra che non investe su di loro è destinata a morire. Fermare la fuga di cervelli, bloccare l’emorragia generazionale che stiamo subendo deve essere la prima priorità della classe dirigente. E’ necessario tornare però anche a responsabilizzare le nuove generazioni, metterle in competizione, premiando il merito, reprimendo il clientelismo ed il familiarismo che purtroppo impera nella nostra realtà. Per fare questo è necessario creare nuove opportunità, investire sulla formazione, restituire credibilità alle istituzioni, ricomporre il senso di appartenenza comunitaria e l’etica pubblica.

Crede che vi sia ancora una politica di destra e di sinistra, o che la ricerca del “ bene comune” è la base per costruire qualcosa di nuovo?

Destra e Sinistra sono paradigmi del secolo scorso, quando le appartenenze erano basate su modelli di società alternativi tra loro. La caduta del muro di Berlino ha cancellato ideologia ed idee, lasciando un deserto dove sono germogliati personalismi, egoismi di parte. Oggi destra e sinistra sono le bandiere di tifoserie organizzate, prive di un substrato culturale e programmatico Il Governo Monti, dove destra e sinistra sono alleate intorno ad un Governo di tecnocrati e banchieri è la dimostrazione palese di come oggi la Politica, intesa come insieme di valori, idee, sintesi e progetti è scomparsa. Va ricostruito un nuovo modello di partecipazione alla vita pubblica, in cui le tesi e le antitesi, assolutamente necessarie per poter costruire un reale processo democratico, dovranno però incardinarsi su scenari nuovi. Sviluppo e salvaguardia dell’ambiente, centralità del lavoro e controllo della speculazione finanziaria, identità e difesa dell’appartenenza nella globalizzazione, ruolo del sacro e della trascendenza nella società dei consumi e del materialismo sono alcuni dei temi che mi vengono in mente sui quali si apriranno i nuovi conflitti, si costruiranno nuove ideologie. Il concetto di bene comune è astratto, non esistono ricette buone per tutti, esistono scelte: la differenza la fa se queste scelte sono basate su un corpus di valori, su un progetto culturale ed identitario o sono invece frutti di egoismi individuali. Io personalmente ho la massima stima per chi la pensa diversamente da me, perché espressione di una cultura altra dalla mia, nessuna stima di chi, non avendo valori o idee, pensa solo agli affari propri. La Politica rinascerà quando avremo cacciato i mercanti dal tempio, gli affaristi dai palazzi del potere. Questa è la sfida odierna. Al di là della destra e della sinistra.