Inaugurato il nuovo allestimento del battistero della Cattedrale. A guidare il progetto la «luce emanazione della sapienza»

Chi ha partecipato alla riapertura del battistero di San Giovanni in Fonte, avvenuta sabato 24 giugno, sarà certamente rimasto colpito, oltre che dalla sua bellezza inaspettata e per molti anni sconosciuta ai reatini, dalla luminosità dell’ambiente: muri chiari, volte ariose, affreschi dai colori scintillanti, la pietra quasi bianca dello splendido fonte quattrocentesco, grandi finestre sul fondo, dove un tempo si apriva l’abside, a far filtrare i raggi del sole. Ma c’è un’altra luce che si percepisce subito non appena si varca la porta d’ingresso, quella della sapienza. Una sapienza costruttiva, certo, ma forse anche qualcosa di più. Di sicuro è da quel qualcosa di più, dalla «luce emanazione della sapienza», che, per sua esplicita ammissione, si è lasciato ispirare l’architetto Amedeo Malatesta nella progettazione del nuovo allestimento del battistero della Cattedrale, che sarà ora fruito quotidianamente dai fedeli come cappella feriale e dai visitatori sia dall’interno, negli orari di apertura, sia dall’esterno attraverso la bussola di vetro che consentirà di abbracciarlo con lo sguardo per tutto il giorno.

D’altronde, insegna Le Corbusier, «l’architettura è il gioco sapiente, rigoroso e magnifico dei volumi assemblati nella luce» e proprio quest’ultima ha rappresentato la guida progettuale, non solo architettonica ma anche e soprattutto liturgica, del recente intervento. Per far sì che costituisse il centro verso il quale deve spontaneamente convergere l’attenzione dell’assemblea, il nuovo altare è stato collocato nell’angolo di sinistra per chi guarda dall’ingresso, in modo tale che il fonte battesimale non ne offuschi la presenza e così da poter sfruttare i giochi della luce naturale che invade l’aula dalla finestra sovrastante. La posizione ruotata del grande vano d’accesso, posto sulla stessa direttrice geometrica dell’altare, enfatizza e valorizza a livello visivo questa scelta: la porta è posta lateralmente, con le grandi vetrate frontale e superiore a permettere di contemplare sempre, anche da fuori, lo spazio recuperato, che, oltre a tornare alla sua funzione di battistero, sarà ora spazio liturgico, luogo di meditazione e di preghiera per chi crede e luogo di suggestioni intense anche per chi dalla Chiesa è lontano.

Nell’omelia proposta in occasione della benedizione dei nuovi arredi sacri, che l’Ufficio Liturgico già mesi fa aveva pensato di programmare opportunamente per il 24 giugno, solennità della Natività del titolare san Giovanni Battista, il vescovo Domenico ha presentato il ritorno a nuova vita del battistero come «una fenditura nella roccia della Cattedrale, proprio nel portico che costituisce anche architettonicamente il punto di congiunzione tra la piazza e la chiesa». Un chiaro riferimento alle letture scelte per la celebrazione (1Pt 2, 4-10; Lc 6, 47-49), tutte incentrate sul motivo del Cristo «pietra viva».

Sono stati tre i significati di questa «apertura» che mons Pompili ha voluto richiamare. In primo luogo, quello più immediato di riscoperta del battistero quale segno della «rigenerazione in Cristo, che è possibile se ci avviciniamo alla roccia da cui sgorga l’acqua che è sempre Cristo. Si nasce dall’acqua e si rinasce dall’acqua e dallo Spirito. Questa è la fede cristiana, che scommette sulla possibilità di tirar fuori figli di Abramo anche dalle pietre, in virtù della grazia che è sempre un dono immeritato». Poi quello della riscoperta della Parola, «che qui verrà proclamata per lasciarsi stanare da Dio, che ci inquieta e ci seduce quando prestiamo a Lui l’ascolto che si fa azione. L’ambone è collocato in asse con il battistero per ricordarci che da lì giunge a noi la salvezza». Infine, quello della riscoperta dell’Eucaristia, «che qui verrà celebrata quotidianamente a metà strada tra la piazza e la chiesa». La scelta di officiare l’antica chiesa di San Giovanni in Fonte riflette certo «un’esigenza pratica, ma acquista pure un valore ulteriore, perché ci ricorda che l’altare è collocato al cuore dell’esistenza, affinché sappiamo trarre da esso l’alimento per affrontare i giorni della quotidianità, che sono quelli più esigenti e insieme più concreti».

La messa della solennità è stata poi presieduta dal parroco di Santa Maria in Cattedrale, don Paolo Maria Blasetti, ma al Battista anche don Domenico non ha mancato di volgere per qualche istante il pensiero: «Il Precursore – ha detto il vescovo – è il portico tra la prima e la nuova Alleanza. La sua figura vigorosa e disinteressata ci aiuti a ritrovare due qualità oggi necessarie per la Chiesa: la serietà di chi sa che Dio va cercato con tutto noi stessi e insieme il disinteresse che ci porta a fare un passo indietro quando si tratta di difendere gli interessi della vita che Dio ci ha donato». E ha poi concluso con un invito a emozionarsi, forse a sua volta impressionato dall’armonia essenziale del luogo nel quale parlava: «“Verrà un giorno in cui gli uomini non potranno pronunciare il nome di Gesù senza piangere”, ha scritto Georges Bernanos. Preghiamo perché questo spazio che torna alla luce sia per noi l’ambiente in cui ritrovare questa emozione che soltanto può sostenerci nel nostro cammino”».