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In una Aleppo stremata un pasto caldo fa la differenza

I volontari dei Maristi blu (Focsiv) tra la gente segnata da 10 anni di guerra civile e dalla pandemia. In città cibo solo con la tessera sanitaria e l'elettricità c'è solo per due ore

«Janette, ogni volta che vado a consegnarle un pasto caldo, mi invita a bere un succo di frutta. Mi attende in veranda e si capisce che è molto felice di vedermi. Mi chiede dei miei esami, delle piccole informazioni sulla mia vita quotidiana», racconta con passione Sara, 23enne studentessa musulmana di letteratura araba che da questa estate ha scelto di fare la volontaria nel progetto “Pane condiviso” dei Maristi blu.

È l’Aleppo allo stremo che, dopo le speranze di rinascita di fine 2016 al termine dell’assedio, è strangolata da una crisi economica che ha dell’incredibile. «Due volte al giorno il cambio della lira siriana, in continua svalutazione, viene aggiornato con il dollaro. E intanto si moltiplicano le code ai distributori per avere un po’ di benzina o per comprare il pane, distribuiti con una tessera annonaria, mentre l’elettricità c’è solo due ore al giorno e molte famiglie dalle sei di sera alla mattina dopo vivono al buio», racconta sconsolato fratel George Sabe. È quella che ad Aleppo e in tutta la Siria chiamano la «guerra economica» aggravata, se mai fosse possibile, dalla pandemia che ha colpito duro pure fra i maristi: fratel George Hakim, l’anziano superiore, dopo 15 giorni di ventilazione forzata non ce l’ha fatta. Un’altra anziana volontaria, Margo, ha trascorso 10 giorni in ossigenoterapia mentre il Covid ha contagiato numerosi volontari compresi fratel Geoge Sabe e Nabil Antaki, noto medico di fama internazionale, entrambi fondatori dei Maristi blu. Non per questo l’associazione legata ai fratelli maristi che dal 2012 opera ad Aleppo, sostenuta dalla Fmsi – Fondazione marista per la solidarietà internazionale, socio Focsiv – ha cessato i suoi progetti di emergenza.

E l’ultimo progetto, nato circa un anno fa durante il primo lockdown generale per il coronavirus in Siria, è stato “Pane condiviso”, dedicato agli anziani. «Subito ci avevano segnalato una settantina di anziani che vivendo soli in case semi abbandonate. Sono anziani che, durante gli anni della guerra, hanno visto partire i figli all’estero. Oppure persone non sposate che, dopo aver vissuto con i genitori ormai deceduti, vivono in solitudine», spiega Josline, sposata con due figli che da 8 anni fa volontariato con i Maristi blu. Un primo esperimento per dare un pasto caldo e anche una minima rete di relazione a persone che, diversamente, non avrebbero nessun genere di assistenza se non qualche sussidio da una delle sette Chiese di rito orientale presenti ad Aleppo. Un primo esperimento che, vista la necessità e grazie al sostegno di alcuni donatori internazionali, si è consolidato con la decisione a luglio di farlo proseguire. In un’ala della scuola “Pane condiviso” ha montato una cucina dove lavorano dieci cuoche, mentre ogni giorno 24 giovani volontari cristiani e musulmani, dalle 13 alle 13.30 consegnano un piatto caldo a 190 anziani tra i 70 e gli 89 anni. Una équipe di 8 persone assicura anche l’igiene personale, un bagno settimanale, il taglio dei capelli agli anziani. E quando necessario un ricovero di qualche giorno nella struttura dei maristi.

Un’esperienza di solidarietà quasi unica ad Aleppo, antichissima capitale commerciale sulla via della seta, oggi quasi completamente distrutta dalla battaglia di Aleppo dal luglio 2012 al dicembre 2016 tra la parte Ovest della città controllata dalle forze governative e la parte Est, in mano ai ribelli.

Intanto i Maristi blu, in questi anni, hanno pure proseguito la distribuzione di aiuti alimentari alle famiglie e avviato circa 180 micro progetti per tentare di creare occupazione fra i giovani. «Adesso, in questa situazione, la più grande difficoltà per continuare a condividere il pane con questi anziani è di avere le bombole di gas per cucinare e la benzina per distribuire con le nostre auto il cibo agli anziani», spiega la responsabile del progetto, Josline. E se all’inizio del progetto un anno fa, il pane necessario per un giorno si riusciva ad acquistare con 5mila lire siriane, ora ne occorrono 30mila. Oggi ci vogliono più di 4mila lire per un dollaro, un anno fa mille lire, e dieci anni fa 50 lire siriane: inevitabile che il 70% delle famiglie viva al di sotto della soglia di povertà con i beni alimentari di base che, in 5 mesi, sono aumentati del 70%. Continuare, ogni giorno, è una sfida: «Abbiamo bisogno di sostegno, lo Stato non è in grado di dare nessun aiuto a queste persone. Senza il nostro aiuto morirebbero di fame», spiega Josline. Continuare è una necessità per Sara: «Ogni volta Janette mi regala un biscotto, una caramella. Un gesto di tenerezza e il sorriso, che vale più di un povero piatto caldo».

da avvenire.it