Crisi Ucraina

In preghiera con la comunità ucraina

Il vescovo Domenico e il direttore della Caritas, don Fabrizio Borrello, hanno incontrato la comunità ucraina nella chiesa di San Nicola, dove hanno condiviso un momento di preghiera e di ascolto

«La Madonna ci unisce e ci protegge». Padre Rostislavo cooordina gli aiuti e supporta i cittadini ucraini in pena per le loro famiglie, nella chiesa di San Nicola. Tra i banchi tanta commozione, qualcuno non riesce neppure a parlare, e non si tratta di barriere linguistiche. Ad annullare le distanze comunicative ci sono gli interpreti, i mediatori culturali, le persone che sono in Italia da più tempo. Ma in fondo basta solo guardarsi dritti negli occhi per capirsi. A supportare e portare il proprio sostegno arriva il vescovo Domenico, si recitano tutti insieme un Padre Nostro e un’Ave Maria: «So che non è una buona domenica, ma ve lo dico lo stesso».

Padre Rostislavo ringrazia per il sostegno e per la presenza, «il vescovo, i cittadini di Rieti e i giornalisti, rimasti a pregare con noi in una lingua che non conoscono». In dono a monsignor Pompili, un’icona della Madonna, «tanto amata dal nostro popolo, perché doni la pace alla nostra terra», e una bandierina con i colori dell’Ucraina.

La lingua universale della solidarietà non si ferma, e la generosità dei reatini non si smentisce. Arrivano passanti, residenti, famiglie che chiedono come dare una mano.

«Grazie a tutti, grazie», dice Maria, che scarica dalla sua utilitaria un paio di borse di provviste, con il pensiero fisso ai due figli di 32 e 28 anni, rimasti ad aiutare a Leopoli, città ormai quasi del tutto militarizzata: «Le bombe non ci sono ancora, ci sono solo i soldati e tantissima gente ammassata al vicino confine con la Polonia». Insieme a Vira, che parla sicura ai suoi concittadini spiegando il da farsi per telefoni, passaporti e aiuti logistici, a coordinare gli aiuti c’è don Fabrizio Borrello, direttore di Caritas diocesana: «Dobbiamo canalizzare tutto, convergere insieme ed ottimizzare le iniziative, perché le famiglie siano accolte e i bambini vadano a scuola. Domattina c’è una riunione in prefettura, vi faremo sapere man mano. E su tutto, non deve mai mancare la preghiera per la pace».

La fede permea la domenica mattina di San Nicola: chi si inginocchia, chi piange, chi inserisce soldi nei cestini di vimini, chi scrive biglietti e auspici perché il conflitto cessi prima possibile. «La puzza di guerra si sentiva da tanto, dal 2014 almeno – spiega Angelica – ma non pensavamo si arrivasse a tanto, siamo affranti. Mio figlio è in Ucraina e non vuole assolutamente lasciare la sua patria: è giusto così, e io ho smesso di chiedergli di venire in Italia».

In ogni caso, per gli uomini dai diciotto ai sessant’anni non è possibile partire, bisogna combattere in patria.

Una signora bionda arriva in ritardo per questioni di lavoro, comprende la presenza di fotografi e giornalisti e corre a ringraziarli: «Un’attenzione importante, che serve a tutti per capire. Ma parlerò con voi più tardi, ora voglio pregare».

Foto Enrico Meloccaro