Chiesa di Rieti

In aiuto degli «anelli deboli»

In concomitanza con la Giornata Mondiale dei Poveri che ricorre il 13 novembre abbiamo trascorso una mattinata alla Caritas di Rieti, dove gli “anelli deboli” della società vengono accolti, ascoltati e aiutati a riprendere il cammino della propria vita

Domenica 13 novembre ricorre la Giornata Mondiale dei Poveri, un’occasione di promozione sociale e di preghiera da vivere in famiglia, in parrocchia, nei luoghi di incontro e di lavoro. Abbiamo trascorso una mattinata alla Caritas di Rieti, dove gli “anelli deboli” della società vengono accolti, ascoltati e aiutati a riprendere il cammino della propria vita.

La giornata inizia presto, nella sede reatina Caritas piazza Oberdan. Il direttore don Fabrizio Borrello va e viene, Valeria coordina dipendenti e volontari che ogni giorno si impegnano per far sì che coloro che chiedono aiuto trovino una mano tesa. Da questa primavera, alle persone senza fissa dimora viene offerto un servizio colazione nato anche grazie alla generosa collaborazione di alcuni esercenti della città. «Alcune cose le compriamo, altre ce le offrono», spiega Valeria.

Indubbiamente, soprattutto per chi non può contare sul calore di una casa, un pezzo di pizza, biscotti o tramezzini aiutano ad iniziare col piede giusto la giornata, soprattutto se punteggiata di difficoltà. Intorno alle 9, al portone di legno c’è una piccola fila di persone che prelevano una piccola busta con qualcosa da mettere sotto i denti: in maggioranza sono rifugiati o richiedenti asilo, spesso trincerati dietro la barriera di una lingua che non padroneggiano al meglio. Un sorriso, un buongiorno, non servono molte parole.

Di media, usufruiscono di questo servizio una decina di persone al giorno, a volte quindici o più. Per il resto, la Caritas di Rieti si occupa di affrontare le difficoltà quotidiane che le persone segnalano, in base alle specifiche esigenze del territorio. Una finalità ben descritta da un cartello affisso proprio accanto alla scrivania di don Fabrizio: «Una Caritas che non parla alla città, è una Caritas dimezzata», si legge in un foglio bianco. «Anche se il nostro trend rispecchia in pieno quello nazionale, non possiamo non tener conto delle esigenze e delle peculiarità del luogo in cui operiamo. Penso ad esempio alla vicenda dell’azienda Reset: alcune famiglie rimarranno senza stipendio, dovremo tenerne conto». A livello nazionale, secondo il rapporto su povertà ed esclusione sociale recentemente presentato da Caritas Italiana, si riporta che nel 2021 i poveri assoluti nel nostro Paese sono stati circa 5,6 milioni, di cui 1,4 milioni di bambini. E non si tratta solo di povertà economica, ma anche di quella ereditaria secondo cui «occorrono almeno cinque generazioni a una persona che nasce in una famiglia povera per raggiungere un livello medio di reddito». Passando per la povertà educativa – strettamente legata a quella ereditaria – che registra una misera percentuale dell’8% riguardante i giovani con genitori senza titolo superiore che riescono ad ottenere un diploma universitario. Una tendenza confermata anche da don Fabrizio, rimasta invariata anche quest’anno, che risente pesantemente anche degli effetti della pandemia e della guerra in Ucraina.

Sul filo dell’emergenza

«Lavoriamo man mano in base alle emergenze e a ciò che registriamo. Per l’emergenza Ucraina abbiamo svolto un lavoro di mediazione con la Prefettura, abbiamo sostenuto chi arrivava, chi ospitava: una modalità che ha funzionato molto. Ora la situazione sembra essersi stabilizzata». Per il resto, come fu per il terremoto del 2016, si lavora di giorno in giorno a seconda delle emergenze e delle situazioni personalizzate. «Ad esempio, abbiamo notato molti rifugiati afgani che avevano solo infradito ai piedi. Qui a Rieti l’inverno è rigido, abbiamo recentemente acquistato scarpe e giacconi invernali, e coperte per i dormitori o per persone che passano la notte in situazioni di difficoltà».

Verso la Casa della Carità

La mattinata in Caritas prosegue tra richieste e donazioni, e non si dimentica di svolgere il proprio lavoro nella massima discrezione. Tra le emergenze principali, ora c’è la situazione della Mensa di Santa Chiara, che somministra solo panini da asporto vista l’inagibilità dei locali di via San Francesco. «Attendiamo il trasferimento di tutti i nostri servizi nei locali dell’ex seminario, a due passi da qui», spiega don Fabrizio. Ed è possibile intravederli, i frenetici lavori in corso nel vicino edificio in via di ristrutturazione che vedrà tutte le attività caritative concentrate in un unico luogo. «La Casa della Carità è in dirittura d’arrivo, ci sono stati dei piccoli rallentamenti ma ora siamo alle rifiniture. Abbiamo un po’ di arredamento, ne manca un altro po’, poi mancano i collaudi e un po’ di dettagli, ma possiamo dire che ci siamo quasi».

L’Emporio solidale

Dietro il bancone del vicino emporio solidale, aperto tre mattine a settimana, ad accogliere gli utenti c’è il sorriso di Pietro. Sugli scaffali ci sono zucchero, latte, pasta, pomodori e prodotti di prima necessità alimentare e per l’igiene personale. Le schede attive per usufruire gratuitamente della spesa sono circa duecento, si rinnovano mese per mese in base alla situazione. «In maggior parte si tratta di disoccupati da anni, oppure nuovi poveri causati dal Covid o dalla crisi. Negli ultimi cinque mesi abbiamo notato un’impennata di richieste», spiega Pietro. Arriva qualche cliente: poche parole, nessuna confidenza, occhi bassi sulla spesa da fare. Tra i prodotti, circa la metà è acquistato, l’altro cinquanta per cento è donato dal Fead, il Fondo di aiuti europei agli indigenti. Poche sono invece le aziende del territorio che danno una mano in maniera costante. Statisticamente, nel 2022 sono stati elargiti soprattutto tonno, pasta, latte e carne in scatola. Alina si affaccia timidamente, chiede novità sul lavoro come badante, prende una maglietta di ricambio per sé: «Posso prenderla? Grazie». Valeria la invita a prendere ciò che le occorre e che le piace di più, che le sta meglio. Perché anche la varietà nella scelta regali dignità, benessere e magari un pizzico di buonumore.

Il peso delle bollette

«Gestiamo l’ordinario – dice don Fabrizio – principalmente forniamo alimenti, abbigliamento o sussidi economici purché siano vincolati alle esigenze di ciascuno e verificabili, come affitti o spese materiali. Per le bollette, generalmente veniamo interpellati quando si è superata di molto la scadenza e c’è il rischio della cessazione dei servizi essenziali come luce, gas o acqua». Ora, ci si prepara ad affrontare gli eventuali rincari energetici: «È oggettivamente aumentato il costo della vita, e siamo in attesa di affrontare l’arrivo di eventuali stangate. Speriamo sia un allarmismo infondato e i danni siano limitati».

Solidarietà circolare

La giornata abituale prosegue tra chi dà e chi riceve. Arriva una ragazza che porta capi di abbigliamento e giocattoli, una coppia che dona dei prodotti antidecubito per chi è costretto a letto. «È capitato di aiutare delle persone che erano in un periodo di difficoltà, ora che si sono risollevati sono loro ad aiutare chi versa in condizioni di bisogno, è una cosa molto bella».

Nuovi poveri

Ma, soprattutto in una città di provincia, c’è chi sceglie di chiedere aiuto a parenti o amici pur di non entrare in Caritas, per dignità o vergogna. È la nuova povertà sommersa, quella di chi ha sempre avuto buone condizioni di vita e improvvisamente si trova ad affrontare tasse, disoccupazione, cassa integrazione. Una situazione nuova e complicata che sfocia spesso in problematiche di tipo depressivo e comportamentale che la Caritas non riesce a tracciare. Per il resto, si fa il possibile e talvolta anche l’impossibile, si danno informazioni lavorative e logistiche, si tendono soprattutto le orecchie all’ascolto, a due chiacchiere liberatorie. E se un sorriso non riempie la pancia, certamente allarga il cuore. Il motto è scritto in un altro cartello, affisso nei pressi del magazzino dove Roberta sistema e smista prodotti alimentari: «Carità è rimettere in piedi l’altro, non solo dargli un pacco di pasta e un indumento».