Il vescovo: «un sacerdote triste o aggressivo scaccia via tutti!»

«Questo che stiamo vivendo è già un anno di grazia, poiché verosimilmente si concluderà il mio servizio episcopale in questa diocesi e un altro pastore sarà mandato a svolgere il suo: ognuno di noi è chiamato in un particolare momento a donare i suoi talenti e ad impegnarsi per realizzare quel programma che è risuonato nella sinagoga di Nazaret».

Così il vescovo di Rieti, mons. Delio Lucarelli, durante l’omelia della Messa del Crisma celebrata il primo di aprile.

«Non è tanto un tempo di bilanci – ha precisato il presule – quanto un momento di verifica, soprattutto della tenuta della nostra incardinazione a questa Chiesa, non in senso giuridico ovviamente, ma in senso ecclesiale, sacramentale, pastorale. È un bilancio per me, ma anche per voi sacerdoti che collaborate con me, per innestare il programma della sinagoga di Nazaret in questa Chiesa. Dobbiamo riscoprire la ricchezza della nostra comunione fraterna nel sacerdozio e il nostro vincolo di unione con il vescovo, chiunque egli sia».

«Spesso – ha aggiunto mons. Lucarelli – la manìa di fare da soli e di prescindere da questi due aspetti ci fa commettere errori seri e ci fa trovare in solitudine e tristi. Mons. Francesco Lambiasi in una omelia per una ordinazione ha detto una frase che mi ha colpito, più o meno di questo tenore: “Il contrario della santità non è il peccato, ma la tristezza”. Vorrei aggiungere che la tristezza è spesso data dalla solitudine e dalla presunzione di stare nel giusto. Un sacerdote triste o aggressivo scaccia via tutti!»

Il vescovo ha voluto essere «sincero e schietto, con voi sacerdoti anzitutto: con la maggioranza di voi ho sempre avuto un rapporto molto chiaro e aperto e anche un sostegno autentico; mi dispiace che alcuni, soprattutto negli ultimi tempi, non abbiano accolto di buon grado alcune mie scelte e abbiano intrapreso la via della collaborazione minimale, se non dell’indifferenza o addirittura della contestazione. Il tempo sarà il miglior giudice, umanamente parlando».

«È, tuttavia, urgente, riprendere l’esame delle linee essenziali della nostra identità sacerdotale, della nostra spiritualità, della nostra formazione e dei capisaldi del nostro operare in senso pastorale» ha proseguito il presule. «Ciò aumenterà la nostra comunione sacerdotale e il nostro senso di appartenenza. Purtroppo mi rendo conto che nonostante gli sforzi compiuti in tal senso anche da molti di voi, i risultati conseguiti non sono quelli sperati. Anche questi sono gli elementi di un anno di grazia: avere la forza di riprendere discorsi incompiuti e ripartire con fiducia».