Il vescovo Domenico: «Lasciare dietro di sé una scia di profumo»

Anno di ricorrenze cariche di significato, il 2016, per la Fraterna Domus di Sacrofano (RM), la casa di accoglienza per i pellegrini in visita all’Urbe voluta da don Francesco Bisinella. Non soltanto l’11 febbraio appena trascorso cadeva il decimo anniversario della scomparsa del sacerdote veneto, ma erano da solennizzare anche i cinque anni dalla dedicazione della chiesa di Santa Maria Madre dell’Accoglienza e i venticinque dalla benedizione della grotta della Madonna della Sorgente. Per onorare la memoria di questi eventi le Sorelle Missionarie che vivono e animano la «casa nostra» – come a don Francesco piaceva definirla – hanno approntato un denso programma di spiritualità, al quale anche la Chiesa reatina ha preso parte.

Rieti vanta un rapporto antico e speciale con la comunità sacrofanense. Don Bisinella fu infatti attivo nella nostra diocesi durante l’episcopato di Mons. Dino Trabalzini, il quale poi, da arcivescovo emerito di Cosenza-Bisignano, venne a trascorrere gli ultimi anni della sua vita proprio alla Fraterna Domus. Uno dei suoi successori sulla cattedra di san Probo, Mons. Domenico Pompili, è giunto a Sacrofano nel pomeriggio di sabato 13 febbraio per presiedere l’appuntamento liturgicamente più intenso delle commemorazioni: una lunga adorazione eucaristica sul tema giubilare della misericordia, che ha alternato alla proclamazione delle Sacre Scritture le meditazioni dello stesso don Francesco sull’amore di Dio e i canti della corale “Musica Insieme” di Castelfranco Veneto.

Prima di impartire la benedizione eucaristica, il vescovo Domenico, che a Sacrofano è stato accolto anche da un piccolo manipolo di reatini guidato da don Luigi Bardotti, da anni assistente spirituale delle Sorelle Missionarie, ha rivolto ai presenti una breve allocuzione.

«La parola misericordia – ha esordito don Domenico – è costituita in realtà da due parole: la miseria e il cuore, la miseria dell’uomo e il cuore di Dio». Richiamandosi ai passi veterotestamentari del Siracide e della Sapienza, letti nel corso dell’adorazione, Pompili ha affermato che «la miseria dell’uomo, prima ancora che quella morale, è la sua fragilità. Siamo come una goccia in mezzo a un oceano, come una stilla di rugiada. Effettivamente l’uomo lasciato a se stesso è ben poca cosa, ma fortunatamente c’è il cuore di Dio che veglia e che custodisce questo essere infinitesimale». «La misericordia, perciò, è questa percezione che, lontano da Dio, noi siamo destinati a smarrirci, e la prova di questo cuore che palpita per noi è la carne di Gesù Cristo. Da quando Dio si è fatto uno di noi, quella è, per così dire, la ragione che ci spinge a sperare e a continuare il nostro cammino, perché la carne di Gesù Cristo è la certezza che nulla di ciò che è umano va perduto. E per questo il cristiano è colui che, grazie allo spirito di Gesù, sa cogliere in ogni frammento della vita qualcosa di bello, di definitivo».

Il presule reatino ha quindi auspicato che i cristiani riscrivano la loro spiritualità «proprio a partire da questa persuasione, che tutto ciò che è carnale, umano, terreno, materiale, concreto, è lo spazio in cui Dio ci si fa incontro». Di qui la declinazione specificamente cristiana del concetto di prossimità: «Il nostro prossimo è chiunque si trova nella miseria materiale e/o spirituale, e ha bisogno di noi per tornare ad amare la vita». Esattamente la missione che la Fraterna Domus, teatro della riflessione del vescovo, assolve con tanta dedizione e sollecitudine: «La Fraterna Domus è in realtà il mondo, nel quale ciascuno di noi deve sentire l’appello del prossimo, come don Francesco lo ha sentito».

A conclusione del momento di preghiera, i fedeli hanno ricevuto l’unzione con l’olio di nardo, l’unguento balsamico, più volte evocato nella Bibbia, con il quale lo stesso Gesù è stato unto, nella versione di Giovanni, da Maria, sorella di Lazzaro, e da un’anonima peccatrice secondo gli altri evangelisti. Con un rinvio implicito a questi episodi, don Domenico ha voluto presentare il gesto dell’unzione come il segno della forza trasfigurante dell’incontro tra la miseria dell’uomo e il cuore sconfinato di Dio, esortando infine i numerosi convenuti a farsi, da autentici cristiani, presenza “odorosa” nel mondo: «Lasciare dietro di sè una scia di profumo – così il vescovo – è la cosa più bella che possiamo fare nella vita».