Movimento per la Vita

Il seminario del Movimento per la Vita, santità e gioia

Si è svolto alla Casa del Buon Pastore di Rieti un pomeriggio di riflessione sull'esortazione apostolica "Gaudete et exsultate" di Papa Francesco.

Un pensierino in rima, come suo solito, da parte di don Luigi Aquilini, per il seminario sulla Gaudete et exsultate proposto dal Movimento per la Vita di Rieti.

Lo ha concluso con un distico poetico, il pro vicario generale, il suo saluto introduttivo al pomeriggio dedicato a riflettere su quell’invito alla “santità per tutti” che traspare dall’ultimo documento di papa Francesco: «Ora vi propongo una meta ardita: / cercate di salir tutta la vita».

Con questo augurio a percorrere una strada di continua crescita, monsignor Aquilini ha dato il la al pomeriggio di riflessione svoltosi giovedì alla casa diocesana Buon Pastore, dopo il benvenuto rivolto dalla presidente del Mpv reatino Maria Laura Petrongari a tutti gli intervenuti all’incontro intitolato “Lo sguardo di Dio sul mondo: la santità è per tutti”.

Al don Luca Andreani, giunto dalla vicina diocesi di Terni (dove è responsabile della Pastorale giovanile) il compito di illustrare la chiamata alla santità oggi, definita come “sorriso di Dio”. I santi, in effetti, sono quelli che diffondono gioia. Quelli che suscitano “simpatia”, ha detto don Andreani: «noi ammiriamo quei santi che ci sono “simpatici”, nel senso che hanno “pathos” con noi, che condividono le nostre passioni. Nel santo vedo chi può aiutarmi come modello e la garanzia che gente con i piedi per terra come me può esprimere la fede piena in Dio».

Il sacerdote ternano ha sottolineato quel celebre passaggio della Gaudete et exsultate in cui papa Bergoglio ci invita a considerare quei “santi della porta accanto” che vivono la santità del quotidiano mantenendo la fede nelle diverse situazioni. In tal senso, ha detto don Luca, qual è «la prova del nove della nostra fede? Se sappiamo rimanere umani. I veri santi sono quelli che sono rimasti umani anche nel momento della croce».

Dell’esortazione apostolica il relatore ha evidenziato poi quelle che il Papa definisce «le ideologie che mutilano il cuore del Vangelo», come il vivere una carità che sia solo filantropia senza affidamento a Dio: in questo modo, è la riflessione di don Luca, «si aiutano le persone ma poi si abbandonano, se non si prega per loro e non si prova a condurle al Signore»; e poi il relativizzare alcune esigenze evangeliche, come la difesa assoluta della sacralità della vita, che, si legge nel documento pontificio, è «la difesa dell’innocente non ancora nato», ma è «ugualmente sacra è la vita dei poveri che sono già nati, che si dibattono nella miseria, nell’abbandono, nell’esclusione, nella tratta di persone, nell’eutanasia nascosta dei malati e degli anziani privati di cura, nelle nuove forme di schiavitù, e in ogni forma di scarto».

Il successivo intervento era invece incentrato su “La fraterna amicizia: dono di santità. I giovani santi”. Ne ha parlato il padre cappuccino Luca Genovese. Fra Luca, del convento reatino San Mauro, vice parroco di San Michele Arcangelo, partendo dai fondamenti evangelici (il “Vi ho chiamato amici” di Gesù) e veterotestamentari (si pensi ai grandi amici Davide e Gionata) dell’amicizia.

Padre Genovese ha fatto riferimento a una particolare trattazione medievale del tema: il De spirituali amicitia liber scritto nel XII secolo dal monaco angolasassone Aelredo di Rievaulx, seguace della riforma cistercense: un unicum, ha sottolineato il cappuccino, quella di una riflessione sull’impegno spirituale declinato in termini di amicizia, quando la spiritualità medievale tendeva piuttosto a evidenziare l’ascesi e l’impegno individuale nella ricerca della santità. Un aspetto, questo del collaborare, del vivere la comunità, della santità come amore e donazione reciproca, che è molto presente nell’esortazione apostolica di Francesco. «Non ci si fa santi da soli», ha sottolineato il cappuccino, che ha poi richiamato alcune figure di santi giovani che la Chiesa presenta come modello di fedeltà evangelica in esistenze “normali” e quotidiane.