“Il segreto dei papi”: ideologie inadeguate a capire la Chiesa

Lecomte, con il suo “Il segreto dei papi”, svela errori e pregiudizi

“Un altro paradosso: Giovanni Paolo II era sicuramente un conservatore. Le sue posizioni sulla famiglia e sulla morale sessuale, sul ruolo della donna nella Chiesa, sulla liturgia e la disciplina ecclesiale, l’hanno spesso fatto definire come un reazionario. Ora, lo stesso papa è stato anche un progressista audace, se non addirittura un provocatore, che non ha esitato a convocare intorno a sé tutte le religioni del mondo, a condannare con fermezza i danni del capitalismo e le derive del liberalismo, a rifiutare senza esitazione l’eredità antisemita di un tempo (…)”.

Le parole di Bernard Lecomte, scrittore e giornalista francese, tra i massimi esperti di vaticanistica, in “Il segreto dei papi” (San Paolo, 237 pagine) lasciano pochi dubbi a chi ancora ne avesse: i punti di riferimento della politica, soprattutto la distinzione destra-sinistra o progressista-conservatore non possono essere esportati nella storia della Chiesa.

I meccanismi concettuali e pragmatici della politica hanno dovuto fare i conti con una diversità radicale, basata su convinzioni religiose e non su progetti ideologici. L’esempio di Giovanni Paolo II è calzante, anche perché quel pontefice ha messo in crisi le stesse categorie della politica, mostrando che la lotta contro la tirannia di uno stato oppressore non è di destra né di sinistra, ma a favore della dignità e della sacralità della singola persona.

La controprova la troviamo all’interno di questo stesso volume, quando Lecomte passa a documentare i rapporti tra la Chiesa di Roma e i fascismi, ricordando che “Pio XI (…) nel 1926 aveva condannato duramente l’Action francaise, denunciando la sua ‘concezione pagana della città e dello stato’ ” e che “nel 1931 aveva detto il fatto suo a Mussolini, in un’enciclica redatta in italiano, ‘Non abbiamo bisogno’, in cui condannava il fascismo: il Duce non gli avrebbe mai perdonato quell’affronto”.

Il fatto è che questo libro è una storia dei pontefici dai tempi di Napoleone fino quasi ai giorni nostri, in quanto esso è stato scritto nel 2011. Il titolo italiano non è tra i più felici (quello originale francese tradotto fedelmente suona come “Il romanzo dei papi”), perché qui non c’è nessun segreto da ricercare, ma solo una storia da ripensare: il merito di Lecomte è proprio questo, di far comprendere come molta storia è stata scritta a senso unico o poco approfondita in alcuni particolari importanti: il “liberatore” Bonaparte, che era spesso preda dei suoi deliri di grandezza e non sopportava che le sue decisioni fossero poste in discussione, divenne un vero e proprio persecutore degli oppositori, facendo morire un papa in esilio senza neanche il conforto di funerali religiosi e permise una sistematica spoliazione del nostro patrimonio artistico e culturale.

Nessun segreto, dunque, ma una panoramica sulla formazione dei papi della “modernità”, la loro provenienza, la loro cultura e il loro rapporto con la storia, che aiuta a meglio chiarire alcuni nodi importanti: mentre le persecuzioni contro la Chiesa conobbero momenti di crudeltà assoluta, i papi, una volta tornati in Vaticano, invitarono alla moderazione e si batterono contro le vendette; la lettura di questo libro ci fa pensare che lo stesso rapporto popolo-Chiesa-politica andrebbe rivisto non alla luce delle teorizzazioni nostalgiche, ma di quanto accaduto realmente: gli estremismi rampollati da una certa concezione illuministica portarono a dittature e ad astratte concezioni della libertà che lasciarono fuori i popoli o li costrinsero all’obbedienza con la forza.