Politica

Il paradosso del referendum

Il paradosso dei paradossi è che stavolta il presupposto della bellicosa effervescenza a cui i cittadini assistono sgomenti è l'impossibilità pratica di andare alle urne fino a settembre

Il contrasto è stridente. Da un lato, l’uno-due micidiale dei dati Istat sull’andamento demografico e la produzione industriale. Dall’altro, la conflittualità estrema che tiene in costante subbuglio il sistema politico. Così, mentre l’Istat dà conto del “più basso livello di ricambio naturale mai espresso dal 1918”, con 435 mila nascite contro 647 mila decessi, e del ritorno in negativo dopo 5 anni della produzione delle nostre industrie (-1,3% nel 2019), la politica appare completamente disconnessa dai problemi reali del Paese. La stessa maggioranza è dilaniata da una guerriglia interna i cui esiti finali sono tutt’altro che prevedibili e che intanto, però, ha un effetto paralizzante sull’attività di governo e finisce per oscurarne anche gli aspetti positivi.

Sarebbe un’ottima occasione per mettere da parte la campagna elettorale permanente e dedicarsi in modo serio ai gravi problemi che abbiamo di fronte (magari cominciando da quelli segnalati dai dati Istat). Invece no. Il venir meno del deterrente delle elezioni è suonato come una sorta di “tana libera tutti” e ha scatenato le manovre più acrobatiche dentro e fuori il Parlamento. Ma andare avanti così fino a settembre non è possibile, ne va del bene del Paese.