Il Paradiso come “Regno della Possibilità”

Si è aperta sabato 14 novembre con la proiezione del film Paradiso Perduto del regista messicano Alfonso Cuaròn presso il cinema Cityplex Politeama di Terni e con la presenza del cardinale arcivescovo di Perugia Gualtiero Bassetti l’XI edizione del film festival “Popoli e Religioni”, organizzato dall’Istituto di Studi Teologici e Storico-Sociali in collaborazione con la Diocesi di Terni-Narni-Amelia ed il sostegno del Comune di Terni, del Ministero per i beni e le attività culturali, la Regione Umbria, la Fondazione Carit e il patrocinio del Pontificio Consiglio per la Cultura.

Il tema del Paradiso si è mostrato fin dall’inizio essere il fil rouge dei nove giorni di eventi che si succederanno nella vicina città umbra fino al 22 novembre. Ma non solo. Esso è un tema centrale su cui riflettere a trecentosessanta gradi all’interno della nostra società soprattutto dopo i terribili eventi accaduti a Parigi. Cosa significa aver perso il paradiso? Cosa è il paradiso per una società proiettata verso il transumanesimo ma che fin troppe volte si mostra disumana?

Come narrano le tradizioni religiose il paradiso è principalmente il luogo delle relazioni e della fiducia la cui perdita non può generare altro che il “non-luogo”. Il termine “paradiso”, infatti, proviene dalla lingua persiana ed indica il “giardino recintato”, quel luogo in cui l’essere umano delle religioni abramitiche era chiamato ad intessere relazioni ed alleanze all’insegna del rispetto, della fiducia, della responsabilità e dell’aiuto reciproco. Quella prospettata dal paradiso non è una visione ideale o utopica, irrealizzabile ed irraggiungibile, ma una sfida e una provocazione rivolta a tutta la società. Questa, oggi più che mai, dinanzi ai turbamenti procurati dalla crisi economica, dalla immigrazione, dal disastro ambientale, si trova ad essere continuamente pressata sotto le tentazioni dell’egoismo, dell’individualismo e della sfiducia. Ha perso se stesso e non sa più trovare una risposta al senso della sua vita o, addirittura, a porsi la domanda di senso. Ha rotto tutte le alleanze, con sé, con gli altri, con l’ambiente e con Dio rendendo anche il suo spazio vitale una terra inospitale, dalla quale spesso è meglio fuggire via.

Il festival “Popoli e Religioni” è una grande opportunità, in particolar modo, per i giovani. A loro è affidato il compito e la responsabilità di accogliere la sfida di ricostruire il Paradiso ripristinando proprio quelle alleanze che abbiamo purtroppo mandato in frantumi, non ultima quella tra uomo e donna.

Per i giovani il Paradiso rappresenta il “regno della possibilità”, quel regno strano e faticoso ma comunque presente dentro ognuno dei nostri ragazzi. Un regno che urla i suoi bisogni e che fin troppo spesso noi adulti non facciamo altro che soffocare, sfruttando il più che possiamo e lasciando per loro in dono il meno possibile. I giovani, invece, abitano il regno della possibilità nutrendo in sé il desiderio di voler cambiare questo mondo che parla tanto di loro ma che al tempo stesso sembra non aspettarsi niente da loro, questo mondo nel quale non si è unici, ma uno fra i tanti, questo mondo che non ci vuole globalizzare ma omologare, questo mondo che rifiuta il nostro essere persona per realizzare di noi degli androidi, dei robot. Un mondo così, infatti, sarebbe, se già non lo è, il non-luogo dove regna o regnerebbe solo l’interesse e la solitudine.