Dedicata ai giovani e al futuro l'udienza dello scorso mercoledì, in cui il Papa ha cominciato un nuovo ciclo di catechesi incentrato sui comandamenti. In piazza 15mila persone. Alla fine un appello per i mondiali di calcio

Il Papa invita i giovani a una «Sana inquietudine»

La «sana inquietudine». È l’ingrediente indispensabile per vivere, e non «vivacchiare». A raccomandarla ai giovani, come antidoto alla mediocrità, è stato Papa Francesco, che lo scorso mercoledì in piazza San Pietro, davanti a 15mila persone, ha inaugurato un nuovo ciclo di catechesi dedicato ai comandamenti. Alla fine, un appello per i mondiali di calcio che iniziano domani in Russia: siano «occasione di incontro, di dialogo e di fraternità tra culture e religioni diverse, favorendo la solidarietà e la pace tra le nazioni».

«Quanti giovani cercano di vivere e poi si distruggono andando dietro a cose effimere», il grido d’allarme del Papa a proposito di coloro che pensano che la voglia di vivere sia un impulso pericoloso. Poi l’appello ai giovani: «Il nostro peggior nemico non sono i problemi concreti, per quanto seri e drammatici: il pericolo più grande è un cattivo spirito di adattamento che non è mitezza o umiltà, ma mediocrità, pusillanimità». Un giovane mediocre non ha futuro, spiega a braccio Francesco alla piazza: «Mitezza, forza e niente pusillanimità, niente mediocrità!». «Bisogna vivere, non vivacchiare», dice Francesco citando Pier Giorgio Frassati, beato ma in primo luogo giovane: «I mediocri vivacchiano». «La vita del giovane è andare avanti, essere inquieto», la proposta del Papa, che esorta i giovani alla «sana inquietudine» per non accontentarsi di una vita senza bellezza, senza colore: «Se i giovani non saranno affamati di vita autentica, dove andrà l’umanità? Dove andrà l’umanità con giovani quieti, non inquieti?».

«Accettare i propri limiti è il passaggio dalla giovinezza alla maturità», spiega Francesco in merito a come si cresce: «Si diventa adulti quando ci si relativizza e si prende coscienza di quello che manca», quando si riconosce che tutto quello che si può fare «non supera un tetto, non va oltre un margine».

«Com’è bello essere uomini e donne! Com’è preziosa la nostra esistenza! Eppure c’è una verità che nella storia degli ultimi secoli l’uomo ha spesso rifiutato, con tragiche conseguenze: la verità dei suoi limiti, dei propri limiti», la denuncia. «Chi, potendo scegliere fra un originale e una copia, sceglierebbe la copia?», chiede il Papa alla folla in piazza.

«Trovare l’originale della vita, non la copia», l’invito, a partire dalla consapevolezza che «Gesù non offre surrogati, ma vita vera, amore vero, ricchezza vera». I giovani non potranno seguirci nella fede se non ci vedono scegliere l’originale, se ci vedono assuefatti alle mezze misure: «È brutto trovare cristiani a mezza misura, cristiani nani, che crescono fino a certa statura e poi no, cristiani col cuore rimpiccolito, chiuso». Con i giovani, ci vuole l’esempio di qualcuno che invita a un «oltre», a un «di più». Sant’Ignazio lo chiamava il «magis», il fuoco, il fervore dell’azione, che scuote gli assonnati.

«La strada di quel che manca passa per quel che c’è», la ricetta di Francesco: «Gesù non è venuto per abolire la legge o i profeti ma per dare compimento. Dobbiamo partire dalla realtà per fare il salto in quel che manca. Dobbiamo scrutare l’ordinario per aprirci allo straordinario».