Chiesa

Il Papa: «Con la guerra tutto si perde, fare delle armi strumenti per la pace»

«Ho imparato l'odio per la guerra da mio nonno che ha fatto il Piave nel '14». La catechesi sulla vecchiaia: la fede si trasmette in dialetto, dai nonni ai nipoti

“L’odio, la rabbia, per la guerra l’ho imparata da mio nonno che aveva fatto il Piave nel ’14”. Non poteva mancare un pensiero per quel che sta succedendo in Ucraina nella catechesi del mercoledì in cui Francesco ha proseguito il ciclo sulla vecchiaia. La riflessione di oggi era incentrata sul tema “Il congedo e l’eredità: memoria e testimonianza”.

Al momento dei saluti, il Papa è tornato a chiedere di pregare per la pace e ha invitato tutti a partecipare all’atto di consacrazione della Russia e dell’Ucraina al Cuore immacolato di Maria il 25 marzo. “Quest’anno, nel cammino di penitenza quaresimale, digiuniamo e chiediamo a Dio la pace, sconvolta dalla guerra in corso in Ucraina. In Polonia – ha detto nel saluto ai fedeli di lingua polacca -, voi ne siete testimoni accogliendo i rifugiati e ascoltando i loro racconti. Mentre ci prepariamo a vivere un
giorno speciale di preghiera nella solennità dell’Annunciazione del Signore, chiediamo che la Madre di Dio sollevi i cuori dei nostri fratelli e sorelle afflitti dalla crudeltà della guerra. L’atto di consacrazione dei popoli al suo Cuore Immacolato porti la pace al mondo intero”. E ai pellegrini di lingua portoghese: “Vi invito a unirvi a me e ai miei fratelli vescovi nell’Atto di Consacrazione all’Immacolato Cuore di Maria, nel prossimo 25 marzo, chiedendo fiduciosamente al Signore, per intercessione della Madonna di Fatima, il dono della pace”.

Al termine dell’udienza generale, Francesco ha dato voce ancora una volta al dolore per i tanti morti e feriti nel conflitto. “Vorrei fare un minuto per ricordare le vittime della guerra” ha detto. “Le notizie delle persone sfollate, che fuggono, morti, feriti, tanti soldati caduti da una parte e dall’altra. Sono notizie di morte. Chiediamo al Signore della vita che ci liberi dalla guerra: con la guerra tutto si perde, tutto. Non c’è vittoria in una guerra, tutto è sconfitta”.

“Che il Signore ci faccia capire che la guerra è una sconfitta dell’umanità. Ci liberi da questo bisogno di autodistruzione”, ha proseguito chiedendo di pregare affinché “i governanti capiscano che comprare armi e dare armi non è la soluzione al problema. La soluzione è lavorare insieme per la pace. E come dice la Bibbia: fare delle armi gli strumenti per la pace”.

La catechesi: la fede si trasmette in dialetto, dai nonni ai nipoti

Dall’Aula Paolo VI, il Pontefice ha commentato il brano dell’Antico Testamento in cui Dio mostra a Mosè, ormai vecchissimo e ancora lucido, la terra di Canaan, in cui lui non entrerà. Un brano preceduto, ha ricordato Francesco, dal Cantico di Mosè, in cui si fa memoria delle “avventure vissute con Dio”, ma anche delle “amarezze e delusioni di Dio stesso”. Di come Dio sia stato fedele al suo popolo, anche quando questo gli è stato infedele, “come se il popolo volesse mettere alla prova la fedeltà di Dio”.

Quando Mosè pronuncia questa confessione di fede, ha ricordato Francesco, è alle soglie della Terra Promessa e del suo congedo dalla vita. “Gli occhi non gli si erano spenti”: significa che aveva mantenuto la capacità di “vedere simbolicamente, il significato più radicato delle cose”. Ecco il significato della vecchiaia: trasmettere l’eredità di una lunga vita di fede, insegnare e trasmettere la storia. “Una vecchiaia alla quale viene concessa questa lucidità – ha detto il Papa – è un dono prezioso per le generazioni che seguono. Questa trasmissione, che è la tradizione, dal vecchio al giovane” oggi viene sempre più a mancare. “Questa civiltà nuova ha l’idea che i vecchi sono materiale di scarto”. Invece la storia, e ancor più la fede, non si apprendono dai libri. “Il racconto diretto da persona a persona ha toni e modi di comunicazione che nessun altro mezzo può sostituire”. Per questo “un vecchio che trasmette la fede e il senso della vita è una benedizione”.

Il Papa aggiunge un ricordo personale, tanto attuale in questi giorni feriti: “L’odio, la rabbia, per la guerra io l’ho imparata da mio nonno che aveva fatto il Piave nel ‘14. Lui mi ha trasmesso questa rabbia per la guerra perché lui ha conosciuto le sofferenze della guerra”.

Ecco dunque l’importanza dei nonni, e del loro rapporto con i nipoti. Un tema su cui Francesco insiste spesso. “I nonni sono la memoria vivente di un popolo e i nipoti devono sentire i nonni”. “Oggi qualcuno propone addirittura di abolire l’insegnamento della storia, come se noi fossimo nati ieri – obietta il Papa -. Trasmettere la fede è dire l’esperienza di fede”. Le storie della vita vanno trasformate in testimonianza e la testimonianza dev’essere leale. “Non è leale l’ideologia, la propaganda”.

Non c’è solo la storia da trasmettere, ma la fede: “il dono della memoria che gli anziani della Chiesa trasmettono fin dall’inizio passandolo di mano in mano alla generazione che segue”. E allora il Papa chiede: “Quanto valorizziamo questo modo di trasmettere la fede? Come si trasmette la fede?”. Non certo studiandola nei libri. “La fede si trasmette in dialetto, cioè nel parlato familiare fra i nonni e i nipoti, fra i genitori e i figli”. Per questo è importante il dialogo in una famiglia, e il rapporto tra i giovani e gli anziani.

Un suggerimento pratico, da Francesco: “Se ci fosse nel catechismo dell’iniziazione cristiana la possibilità di ascoltare dagli anziani la lucida confessione di fede… Gli anziani entrano nella Terra Promessa che Dio desidera per loro quando offrono ai giovani la bella iniziazione della loro testimonianza”.

da avvenire.it