Papa Francesco

Il Papa chiede ad Assad iniziative concrete per la popolazione

In una lettera recapitata dal cardinale Turkson al presidente siriano, papa Francesco chiede protezione dei civili, stop alla catastrofe umanitaria e iniziative concrete per la ripresa del dialogo e del negoziato

Protezione della vita dei civili, stop alla catastrofe umanitaria nella regione di Idlib, iniziative concrete per un rientro in sicurezza degli sfollati, rilascio dei detenuti e l’accesso per le famiglie alle informazioni sui loro cari, condizioni di umanità per i detenuti politici. Insieme a un rinnovato appello per la ripresa del dialogo e del negoziato con il coinvolgimento della comunità internazionale. Sono queste le preoccupazioni e le richieste concrete contenute in una lettera che Papa Francesco ha voluto indirizzare al presidente siriano Bashar Hafez al-Assad. La missiva del Pontefice, che porta la data del 28 giugno scorso, è stata recapitata in queste ore dal cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, prefetto del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale. Il porporato, latore del documento scritto in lingua inglese, era accompagnato dal francescano Nicola Riccardi, sottosegretario del medesimo Dicastero, e dal cardinale Mario Zenari, nunzio apostolico in Siria. Sul contenuto e gli scopi della lettera, Vatican News ha intervistato il cardinale Segretario di stato Pietro Parolin, primo collaboratore del Pontefice.

Eminenza, perché il Papa ha deciso di scrivere al presidente Assad?

All’origine di questa nuova iniziativa c’è la preoccupazione di Papa Francesco e della Santa Sede per la situazione di emergenza umanitaria in Siria, in particolare nella provincia di Idlib. Nell’area vivono più di 3 milioni di persone, di cui 1,3 milioni di sfollati interni, costretti dal lungo conflitto in Siria a trovare rifugio proprio in quella zona che era stata dichiarata demilitarizzata l’anno scorso. La recente offensiva militare si è aggiunta alle già estreme condizioni di vita che hanno dovuto sopportare nei campi, costringendo molti di loro a fuggire. Il Papa segue con apprensione e con grande dolore la sorte drammatica delle popolazioni civili, soprattutto dei bambini che sono coinvolti nei sanguinosi combattimenti. La guerra purtroppo continua, non si è fermata, continuano i bombardamenti, sono state distrutte in quella zona diverse strutture sanitarie, mentre molte altre hanno dovuto sospendere del tutto, o parzialmente, la loro attività.

Che cosa chiede il Papa al presidente Assad nella lettera che è stata consegnata?

Papa Francesco rinnova il suo appello perché venga protetta la vita dei civili e siano preservate le principali infrastrutture, come scuole, ospedali e strutture sanitarie. Davvero quello che sta accadendo è disumano e non si può accettare. Il Santo Padre chiede al presidente di fare tutto il possibile per fermare questa catastrofe umanitaria, per la salvaguardia della popolazione inerme, in particolare dei più deboli, nel rispetto del Diritto umanitario internazionale.

Da quanto ha detto traspare che l’intento dell’iniziativa papale non è dunque “politico”. È così?

Sì, è così. Come ho già spiegato, la preoccupazione è umanitaria. Il Papa continua a pregare perché la Siria possa ritrovare un clima di fraternità dopo questi lunghi anni di guerra, e che la riconciliazione prevalga sulla divisione e sull’odio. Nella sua lettera, il Santo Padre usa per ben tre volte la parola “riconciliazione”: questo è il suo obiettivo, per il bene di quel Paese e della sua popolazione inerme. Il Papa incoraggia il presidente Bashar al-Assad a compiere gesti significativi in questo quanto mai urgente processo di riconciliazione e fa degli esempi concreti: cita le condizioni per un rientro in sicurezza degli esuli e degli sfollati interni e per tutti coloro che vogliono far ritorno nel Paese dopo essere stati costretti ad abbandonarlo. E cita pure il rilascio dei detenuti e l’accesso per le famiglie alle informazioni sui loro cari.

Un altro tema drammatico è quello dei prigionieri politici. Il Papa ne fa cenno?

Sì, a Papa Francesco sta particolarmente a cuore anche la situazione dei prigionieri politici, ai quali — egli afferma — non si possono negare condizioni di umanità. Nel marzo 2018 l’Independent International Commission of Inquiry on the Syrian Arab Republic ha pubblicato una relazione a questo proposito, parlando di decine di migliaia di persone detenute arbitrariamente. A volte in carceri non ufficiali e in luoghi sconosciuti, essi subirebbero diverse forme di tortura senza avere alcuna assistenza legale né contatto con le loro famiglie. La relazione rileva che molti di essi purtroppo muoiono in carcere, mentre altri vengono sommariamente giustiziati.

Qual è allora lo scopo di questa nuova iniziativa di Francesco?

La Santa Sede ha sempre insistito sulla necessità di cercare una soluzione politica praticabile per porre fine al conflitto, superando gli interessi di parte. E questo va fatto con gli strumenti della diplomazia, del dialogo, del negoziato, con l’assistenza della comunità internazionale. Lo abbiamo dovuto imparare ancora una volta che la guerra chiama guerra e la violenza chiama violenza, come ha detto più volte il Papa, e come ripete anche in questa lettera. Purtroppo siamo preoccupati per lo stallo del processo dei negoziati, soprattutto quello di Ginevra, per una soluzione politica della crisi. Per questo nella lettera inviata al Presidente Assad il Santo Padre lo incoraggia a mostrare buona volontà e ad adoperarsi per cercare soluzioni praticabili ponendo fine a un conflitto che dura da troppo tempo e che ha provocato la perdita di un gran numero di vite innocenti.

di Andrea Tornielli per L’Osservatore Romano