Il messaggio del nuovo vescovo ai Reatini: “Siamo relazione e fatti per la relazione”

“Quando ho confidato ai miei genitori che il Papa mi inviava a Rieti come vescovo, mio padre ha subito esclamato: ‘Guarda che Rieti è l’ombelico d’Italia!’. In effetti, per la sua posizione centrale rispetto alla penisola, curiosamente Rieti è definita così sin dal tempo dei romani. Ma questo simbolo che spesso viene interpretato come un guardare tutto a partire da se stessi si presta invece a riscoprire una verità profonda. L’ombelico ci ricorda, con un segno indelebile, che siamo relazione e fatti per la relazione. In questo centro di noi stessi si uniscono il passato di chi ci ha generato, amato, educato e il futuro che ci attende e che deve essere costruito insieme. È la prova di un legame che è più forte di ogni divisione e di ogni isolamento”.

È il primo pensiero rivolto alla diocesi dal nuovo vescovo di Rieti, monsignor Domenico Pompili, letto ai fedeli nella chiesa di San Domenico da monsignor Delio Lucarelli. “La fede, a pensarci, è anch’essa un legame che invisibilmente unisce il cielo e la terra – aggiunge mons. Pompili -. Nel reatino con i suoi splendidi paesaggi naturali è più facile crederlo, se lo stesso san Francesco l’ha eletta a sua terra di adozione”.

Il messaggio del vescovo prosegue: “Vengo in mezzo a voi per ritrovare insieme le radici di questo legame che alimenta la fiducia e la speranza a partire dalla comune esperienza cristiana, pur avvertito della crisi che morde il cuore di tanti. So che in questa missione non sono solo. Porto con me i legami che ho coltivato in questi anni e sono emozionato nel pensare a tutto quello che ho ricevuto”.

“Sono, peraltro, consapevole del lavoro svolto in questa porzione della vigna del Signore che coincide con le 37 comunità che danno vita alla diocesi. A questo proposito – afferma mons. Pompili – sento una profonda gratitudine per il vescovo Delio, per i presbiteri, per i diaconi, per le religiose e i religiosi, per le donne e gli uomini credenti che hanno reso possibile la trasmissione della fede”.

E conclude: “Il mio sguardo non si arresta alla Chiesa. Va ben oltre. E si dirige verso tutti indistintamente. Non ci conosciamo è vero, ma sono fiducioso che non faremo fatica ad incontrarci. In attesa di venire chiedo al Signore di benedire tutti e di realizzare le sue promesse al di là delle nostre aspettative. Un abbraccio sincero e affettuoso”.

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