Giugno Antoniano Reatino

«Il meglio deve ancora deve venire». Al Giugno Antoniano il vescovo mette in guardia dalla «Retrotopia»

Nell'omelia della domenica della Processione dei Ceri mons Pompili ricorda che «Gesù è venuto a spingerci avanti, perché non è vero che il meglio sta alle nostre spalle»

Tensione e risolutezza, ma anche un animo mite e saggio. È su questi tratti del carattere di Gesù che il vescovo Domenico si è soffermato rivolgendosi ai fedeli radunati nella chiesa di San Francesco nel giorno della Processione dei Ceri. Le qualità del maestro emergono dalla pagina del Vangelo di Luca: il Maestro è deciso e fermo nella decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme, ma non se la prende con chi lo respinge. È questa particolare combinazione di «determinazione e mitezza» ha costituire la particolare forza di Gesù. Una lezione di cui oggi si sente l’urgenza davanti a «un generale stato di confusione collettivo», che spesso ci fa «aggressivi verso i deboli». Come chi «ha rimproverato il papà che è annegato abbracciato alla figlioletta nel Rio de la Plata!». Al contrario Gesù «è consapevole della sua missione e non si scaglia contro nessuno». Anche se la sua bontà smaschera le ipocrisie e le debolezze di ciascuno. Come accade con i tre giovani che incontra.

Il primo è entusiasta e gli grida dietro: “Ti seguirò dovunque tu vada”. «Non lo chiama “Signore” – nota don Domenico – e si capisce che non è uno che segue, ma vorrebbe farsi bello con quel gesto. Come uno che mentre fa qualcosa vorrebbe subito essere ripreso e rilanciato. Gesù è senza peli sulla lingua: “Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo”. Non basta l’entusiasmo degli inizi se non si accetta la gratuità di una scelta».

Ad un altro che lo affianca è Gesù stesso che stavolta gli dice: “Seguimi”. «Ma alla proposta del Maestro segue una condizione: “Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre”. A prima vista Gesù sembra contraddire il comandamento della famiglia, ma qui si vuol ribadire che si richiede un taglio rispetto al legame di sangue se si vuol crescere. La fuoriuscita dal tribalismo è la condizione per mescolare i nostri apporti e dar vita a qualcosa di creativo».

Infine, al terzo che si avvicina e promette di seguirlo, ma chiede una dilazione per andare a salutare i suoi, Gesù lascia intendere che non è possibile: “Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il Regno di Dio”. «Non si può andare avanti se ci si guarda indietro. Quanta nostalgia – oggi la si chiama retrotopia – impedisce alla nostra vita di andare avanti, rifugiandosi sempre in quello che è alle spalle».

«Gesù è venuto a spingerci avanti – ha concluso il vescovo – perché il meglio deve ancora deve venire. Perché non è vero che il meglio sta alle nostre spalle, “i migliori anni della nostra vita” devono ancora arrivare. Questo si chiama speranza. Ed è la forza nascosta del mite. Come direbbe Gesù: “Beati i miti perché erediteranno la terra”».