Il mandato… di essere cristiani

Ha fatto registrare una buona partecipazione l’incontro degli operatori pastorali realizzato dalla diocesi lo scorso sabato.

L’iniziativa ha avuto inizio con l’incontro tra i fedeli impegnati nei settori della Carità, della Evangelizzazione e della Liturgia e i nuovi responsabili di ciascuna area: don Fabrizio Borrello, padre Mariano Pappalardo e padre Ezio Casella, recentemente nominati dal vescovo Domenico. Una soluzione che ha richiesto tre luoghi diversi, anche se vicini, per svolgere in parallelo le assemblee.

Allo scopo sono state scelte la chiesa di Santa Caterina, la sala conferenze dell’Istituto delle Suore oblate di Gesù Bambino e la basilica di Sant’Agostino, nella quale, a metà pomeriggio, gli operatori dei diversi gruppi si sono riuniti per pregare insieme al vescovo i primi vespri della prima domenica di Avvento.

In questo modo, oltre a conoscersi reciprocamente, i direttori e gli addetti hanno potuto fare il punto della situazione e cominciare a guardare al cammino futuro, riprendendo in qualche modo il discorso aperto in termini più generali dall’Incontro pastorale dello scorso settembre.

L’esperimento, che fa parte delle iniziative con cui ha la Chiesa di Rieti è entrata nel tempo di Avvento, non rimarrà isolato. E non solo perché è già stato fissato un secondo incontro per l’inizio della Quaresima, ma anche perché questi due appuntamenti, posti alla vigilia dei tempi forti dell’anno liturgico, possono già essere segnati in agenda per gli anni a venire.

Un cammino che mons. Pompili ha voluto paragonare alla giovane comunità di Tessalonica delle lettere di san Paolo. «La comunità dei tessalonicesi – ha ricordato il vescovo – va bene, ma non mancano motivi di preoccupazione»: l’apostolo «presagisce» che i tessalonicesi «hanno bisogno di essere rafforzati, considerati i pericoli che attraversano».

Due in particolare: «La presenza dei giudei, che vorrebbero portare indietro le lancette della storia», e poi «un certo clima culturale, che induce anche i cristiani a un certo conformismo». A Tessalonica, infatti, non manca «chi si abbandona all’ozio e magari condisce questo dolce far niente con chiacchiere e pettegolezzi inutili», come non mancano «gli ignoranti, le persone che hanno bisogno di sostegno, i pusillanimi, i vendicativi e quelli che straparlano annunciando una sciagura imminente».

«Non è forse così anche oggi, se guardiamo all’interno della nostra Chiesa?», ha domandato don Domenico, chiarendo il punto: «Paolo sa che in realtà sono tutti in via di perfezione. Ma questo non gli impedisce di richiamare l’essenziale. E cioè che solo Dio è santo e perfetto». È solo «restando con Lui, camminando verso di Lui, che tutti possiamo crescere e migliorare».

Sta qui il senso del mandato di evangelizzare, di operare all’interno della liturgia, di animare il mondo della carità dato dal vescovo ai convenuti: «siamo sempre in via di perfezionamento» e «il fatto che alcuni laici e religiosi ricevonoun mandato dalla Chiesa sta a dire che anche alla nostra generazione tocca di crescere nella fede e nelle sue articolazioni fondamentali: la catechesi e prima ancora l’annuncio, la liturgia e la carità».

«Non è che si cominci da zero», ha precisato mons. Pompili: «Qui il cristianesimo vive da tantissimi secoli. Ma ogni generazione è chiamata a rifare propria la scelta della fede, perché non si vive di rendita. Questo mandato è per ciascuno di voi impegnativo, perché ci dice che c’è ancora tanto da fare insieme».

«Molte volte – ha riconosciuto don Domenico – siete scoraggiati. Avete la sensazione di girare a vuoto, di perdere tempo, di non riuscire in quello per cui vi siete resi disponibili».

Dipende dal fatto che «ciascuno di noi punta più sulle proprie forze, sulle proprie qualità, che non invece sulla forza di Dio. Ed è per questo che Paolo, alla fine, mette di fronte a noi la fedeltà rocciosa di Dio: lui sì che è fedele. Dall’altra parte c’è la nostra incerta fedeltà. È proprio da questo confronto che dobbiamo trarre l’incoraggiamento a superare, ognuno nella propria realtà, i momenti della stanchezza, della routine, del “lasciamo perdere”. E questo perché ci è chiesto di fare tutto ciò che è possibile confidando, però, unicamente nella fedeltà di Dio».

Foto di Massimo Renzi