Il gruppo Weltbild (proprietà della Chiesa) porta i libri in Tribunale

Le crescenti difficoltà finanziarie sono state causate dalla concorrenza del digitale, che ha fatto calare sensibilmente il fatturato. La compagine proprietaria è costituita da dodici diocesi, la pastorale militare cattolica e l’Associazione delle diocesi. La società editoriale, in difficoltà già da tempo, ha circa 6.800 dipendenti. Il cardinale Marx ha ipotizzato aiuti dalle diocesi per il personale.

“La Chiesa cattolica ha fallito negli sforzi per salvare il gruppo editoriale Weltbild. Ciò è evidente”: questa dichiarazione del vicario generale della arcidiocesi di Monaco-Frisinga, monsignor Peter Beer, rilasciata il 14 gennaio scorso, è una sintesi della situazione che si è sviluppata intorno alla grave crisi della casa editrice e di distribuzione Weltbild, che è anche la seconda catena tedesca di librerie. La proprietà, che ha presentato domanda di fallimento, è suddivisa tra dodici diocesi tedesche, la pastorale militare cattolica e l’Associazione delle diocesi tedesche. Il gruppo editoriale, in difficoltà già da tempo, ha circa 6.800 dipendenti, di cui 2.300 si trovano nella sede principale di Augusta, in Baviera. L’istanza di fallimento riguarderebbe solo la sede bavarese e non filiali e società del gruppo in Austria, Svizzera e il portale Internet buecher.de. Sono continui i richiami alla disponibilità della Chiesa tedesca a farsi carico dei lavoratori della Weltbild: ma se è vero che i soci hanno la ferma volontà di fare tutto quanto possono per i dipendenti, è pur vero che il bilancio è stato depositato al Tribunale di Augsburg, per le crescenti difficoltà finanziarie causate dalla concorrenza del digitale, che ha fatto calare sensibilmente il fatturato. La Chiesa tedesca, senza le prospettive di un credibile piano di salvataggio non era più disposta a intervenire con i finanziamenti necessari, dell’ordine di almeno 135 milioni di euro, non potendo far uso dei soldi che lo Stato dispensa attraverso la tassa per il culto. La Chiesa ha dovuto, infatti, affrontare anche altri problemi di gestioni economiche non oculate, come la spesa di 31 milioni di euro per migliorie alla sede vescovile del Limburgo.

Una serie di errori.

Erwin Helmer, diacono della diocesi di Augusta, ha conosciuto le vicissitudini del gruppo Weltbild in qualità di responsabile per la pastorale cattolica dei dipendenti. Helmer ha affermato che “vi è la promessa di far fronte” agli impegni di salvare i dipendenti “con i fondi già previsti” (si tratta di 65 milioni di euro che i vescovi avevano stanziato per il salvataggio della Weltbild nel corso della scorsa plenaria autunnale). “Credo che l’opinione pubblica valuterà la Chiesa in base a questo”. Nel 2011 la Weltbild fu al centro di uno scandalo perché distributore, attraverso la propria rete commerciale, anche di letteratura erotica e soft-porno quando non dichiaratamente anti-ecclesiale. Più volte le associazioni cattoliche hanno segnalato la discrepanza tra l’attività puramente imprenditoriale della Weltbild e l’originaria ispirazione cristiana. Marie-Luise Dött, presidente della Federazione degli imprenditori cattolici (Bku), ritiene che le diocesi abbiano il dovere di aiutare i dipendenti: “Immagino che esista un piano a sostegno dei dipendenti”, ha detto al settimanale tedesco “Die Zeit”. “Tutti i proprietari hanno questa responsabilità. Ma la Chiesa va giudicata in base a ciò che enuncia nella sua dottrina sociale. Deve essere di esempio”, ha proseguito.

Prospettive e impegni.

Il curatore fallimentare Arndt Geiwitz ha commentato con cauto ottimismo la possibilità di garantire la continuità attraverso un’azione creditizia che potrebbe far proseguire l’attività a vantaggio dei lavoratori. Nel corso di un’assemblea dei dipendenti svoltasi mercoledì 15 gennaio circa 1.500 dipendenti di Weltbild hanno sottoscritto una lettera di protesta indirizzata a tredici vescovi: i proprietari avrebbero compromesso le condizioni di vita dei dipendenti, vi si afferma, “senza opportunità imprenditoriale”. Secondo i dipendenti, con le decisioni “pienamente contraddittorie” prese negli ultimi anni, i proprietari “hanno una gran parte di responsabilità per l’attuale situazione economica”. Una parola che sancisce la ferma intenzione dei vescovi tedeschi di non tirarsi indietro è giunta dal cardinale Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco-Frisinga, che alla Süddeutsche Zeitung ha dichiarato che “la Chiesa non pianterà in asso i dipendenti che temono per il loro posto di lavoro. Non siamo un’azienda senza scrupoli che si sbarazza dei dipendenti”. Marx ha ipotizzato per i dipendenti del gruppo una serie di aiuti da parte delle diocesi: “Posso immaginare un impegno nell’ordine delle cifre già previste per il risanamento. Ma per prima cosa, i curatori fallimentari devono farsi un’idea e comunicare la cifra esatta che serve”.