“Meriterebbero una medaglia al valore”, dice Mirko Giuliani riferendosi ai suoi collaboratori del Ccorav, consorzio di 120 produttori dell’Alto Viterbese che destina oltre 4mila quintali di patate e 30 di legumi alla Gdo ogni settimana.
“Da quando è cominciata l’emergenza- spiega l’agronomo del consorzio- nello stabilimento abbiamo dovuto fare turni da capogiro per evadere i folli ordini che ci arrivavano quando i supermercati sono stati presi d’assalto. Abbiamo lavorato anche fino alle 2 del mattino, distribuendo i turni per evitare contatti tra il personale. In questa frenesia, nonostante la paura e le pessime notizie dai telegiornali, non c’è stato un operaio che si sia dato malato o che abbia detto una parola. Maschere, guanti, distanza di sicurezza e abbiamo continuato a lavorare. Come del resto anche i produttori nei campi, perché se non seminano in questo momento poi non potranno più farlo”.
Coraggio e abnegazione sono particolarmente utili a Fondi, da giovedì scorso zona rossa, dove il Mercato ortofrutticolo opera a orario ridotto. E al timore del contagio si aggiungono difficoltà operative. “Per raggiungere il posto di lavoro molti di noi si presentano alle 3 e mezza del mattino– racconta Mariano Di Vito, imprenditore agricolo della zona- perché ci sono lunghe file per passare i termoscanner e poi il mercato per effetto dell’ordinanza regionale deve chiudere alle 14. Inoltre, non possiamo lavorare il sabato (l’ordinanza lo chiude per operazioni di sanificazione ndr.) così i flussi di lavoro vengono tranciati. Il sabato e la domenica sono per Fondi giornate di preparazione dell’enorme mole di merce che deve partire il lunedì per destinazioni in tutta Italia. Ora questo lavoro va fatto in 7 ore invece che in un giorno e mezzo”. Ciò nonostante, però, nessuno ha pensato a fermarsi. “Siamo consapevoli dei rischi per la salute in questo momento- afferma Di Vito- ma sappiamo anche di essere una filiera importante che mette cibo fresco sulle tavole di 4/5 milioni di persone. Se ci fermiamo noi, si ferma il mondo. Nei campi siamo obbligati a continuare o fra tre mesi mangeremo solo merce proveniente dall’estero. Quello che chiediamo è di evitare limitazioni fuori logica. Ci vuole meno contrattazione e più logistica. Così i compratori stanno a casa e noi mandiamo loro la merce“. E’ cio’ che nel loro piccolo molte aziende agricole stanno facendo, soprattutto a seguito della chiusura dei mercati rionali e contadini. “Il telefono squilla continuamente- racconta Ascenzo Bottoni, agricoltore di Sezze, che si è organizzato con una compagnia che fa consegne anche a Roma e dintorni. Il sistema funziona anche per il vino, sfuso e imbottigliato.
“Offrire questo servizio ci salva- garantisce la direttrice di una nota cantina dell’area del litorale Romano- quando abbiamo raggiunto un numero sufficiente di ordini, facciamo partire il furgoncino che porta i vini direttamente a casa delle persone“.