Il filo della storia: «rimanere fiduciosi nell’agire sommesso ma potente di Dio»

Francesco all'Angelus: "Dentro le pieghe di vicende personali e sociali che a volte sembrano segnare il naufragio della speranza, occorre rimanere fiduciosi nell’agire sommesso ma potente di Dio"

Marco, nel quarto capitolo del suo Vangelo, ci propone alcune parabole attente alla vita comune, parabole agricole, se così possiamo chiamarle, e, dunque, di facile comprensione per le persone del suo tempo. In primo piano, il seminatore e la semina, un processo lungo con tempi che non sono quelli dell’uomo. Il seme è lasciato cadere nel terreno e l’agricoltore si limita a questo, mentre, nel tempo, il seme lavora e cresce senza aver bisogno dell’uomo. In una cultura contadina, il compito del seminatore è di facile comprensione. Come scrive Marco: “Con molte parabole dello stesso genere, annunciava loro la parola, come potevano intendere”. Ma l’evangelista sembra anche dirci che le parabole del Signore sono comprensibili davvero soltanto se lui ce le spiega. Così il seme è la parola seminata a larghe mani nel mondo, e cresce e misteriosamente dà frutti.
Il messaggio: “Mediante la predicazione e l’azione di Gesù, il Regno di Dio è annunciato, ha fatto irruzione nel campo del mondo e, come il seme, cresce e si sviluppa da sé stesso”, afferma Papa Francesco all’Angelus. Il suo germogliare dentro la storia “non dipende tanto dall’opera dell’uomo”, ma è “espressione della potenza e della bontà di Dio”.
Alle 15mila persone convenute in piazza San Pietro per la recita della preghiera mariana, al termine della quale ha chiesto pace per lo Yemen e un nuovo patto mondiale sui rifugiati per una “migrazione sicura, ordinata e regolare”, Papa Francesco ha detto: “A volte la storia, con le sue vicende e i suoi protagonisti, sembra andare in senso contrario al disegno del Padre celeste, che vuole per tutti i suoi figli la giustizia, la fraternità, la pace. Ma noi siamo chiamati a vivere questi periodi come stagioni di prova, di speranza e di attesa vigile del raccolto”. Per questo “nei momenti bui e di difficoltà non dobbiamo abbatterci, ma rimanere ancorati alla fedeltà di Dio, alla sua presenza che sempre salva”.
Il Vangelo di questa domenica propone la parabola del granello di senape, “il più piccolo di tutti i semi”, che una volta seminato cresce “e diventa più grande di tutte le piante dell’orto”. Un’immagine che subito ci fa cogliere il senso della speranza cristiana, e ci fa anche capire che le grandi cose nascono spesso dal piccolo. Scriveva il cardinale Joseph Ratzinger: “Le grandi cose iniziano sempre in un grano di senape e i movimenti di massa hanno sempre una breve durata”. Il contadino semina, sa attendere il trascorrere delle stagioni e sa che verrà il tempo della mietitura. È il “miracolo dell’amore” che fa germogliare e crescere ogni seme, ed è proprio questo, diceva Papa Benedetto, che “ci fa essere ottimisti nonostante le difficoltà, le sofferenze e il male che incontriamo”.
È la logica della piramide rovesciata, la logica delle beatitudini: per essere grandi dobbiamo essere piccoli. Forse, diceva Papa Benedetto, la Chiesa “dovrebbe trovarsi davanti a grandi prove per imparare di nuovo di cosa vive anche oggi: vive per la speranza del granello di senape e non per la forza dei suoi progetti e delle sue strutture”.
È una parabola che ci insegna a non voler vedere subito il frutto del nostro lavoro, anzi, ci dice che è irrilevante la nostra fatica se non entriamo nella “logica di imprevedibilità di Dio, e accettarla nella nostra vita”, afferma ancora Francesco. Il Signore “ci esorta a un atteggiamento di fede che supera i nostri progetti, i nostri calcoli, le nostre previsioni. Dio è sempre il Dio delle sorprese. Il Signore sempre ci sorprende. È un invito ad aprirci con più generosità ai piani di Dio, sia sul piano personale che su quello comunitario”.
Nelle nostre comunità, dice il Papa, dobbiamo fare attenzione alle occasioni di bene “che il Signore ci offre, lasciandoci coinvolgere nelle sue dinamiche di amore, di accoglienza e di misericordia verso tutti. L’autenticità della missione della Chiesa non è data dal successo o dalla gratificazione dei risultati, ma dall’andare avanti con il coraggio della fiducia e l’umiltà dell’abbandono in Dio”, nella consapevolezza “di essere piccoli e deboli strumenti, che nelle mani di Dio, e con la sua grazia possono compiere opere grandi”.