Il Consorzio di Bonifica chiude? Sciagura per la sicurezza del territorio!

È notizia di questi giorni che il Consorzio di Bonifica reatino è costretto a sospendere le attività ordinarie per mancanza di fondi. Soldi che la Regione Lazio ha fatto mancare nonostante gli impegni presi. E non sono solo in ballo una decina di posti di lavoro, ma anche la sicurezza del territorio. Infatti, è compito del Consorzio di Bonifica (definito da una precisa Legge regionale), eseguire la manutenzione del reticolo idrografico secondario, ovvero i fossi ed i canali della Piana reatina. Fossi e Canali che, lo ricordiamo, sono tra i principali responsabili dell’alluvione avvenuta a Rieti all’inizio di dicembre 2010, responsabilità certificata da una relazione ufficiale sull’accaduto da parte della Regione Lazio.

È da sottolineare, al riguardo, la mancata presa di posizione del Comune di Rieti sulla vicenda, nonostante il grande interesse che ci dovrebbe essere affinché il Consorzio di Bonifica esegua al meglio le sue attività, dal momento che, in caso contrario, il rischio di allagamenti del territorio comunale si fa decisamente più concreto al verificarsi di forti nubifragi, sempre più frequenti a causa degli innegabili cambiamenti climatici.

È necessario dunque invertire la rotta e al più presto. Agire prima anziché attendere che un allagamento o un’alluvione si materializzino. Ma questo è un percorso virtuoso che richiede anche un deciso cambio di mentalità: «La sensibilità di istituzioni e opinione pubblica verso i rischi geologici oggi è molto bassa» afferma Crescenzio Bastioni del CER di Rieti. «Il personale della Protezione Civile viene chiamato sempre dopo che si sono verificate frane o alluvioni. Dovremmo essere invece i “tecnici del giorno prima”, non quelli interpellati per rincorrere l’emergenza o per trovare una soluzione tampone, giusto per metterci una pezza. Il costo della prevenzione da un rischio rispetto a un intervento ad emergenza avvenuta, è di almeno 10 volte inferiore».

La prevenzione e la manutenzione del territorio sono attività ampiamente sottovalutate, fattore dovuto principalmente ad una mancanza di cultura della sicurezza dei luoghi in cui si vive. «Le risorse che vengono impegnate in tal senso sono di conseguenza esigue, sporadiche e drammaticamente insufficienti – sottolinea Bastioni».

In tutto questo, va anche ribadito l’importanza della comunicazione ai cittadini. «I piani di protezione civile non possono essere più considerati come delle mere incombenze amministrative. Occorre dare la giusta informazione verso l’esterno, divulgare la consapevolezza nella popolazione dei rischi che incombono sul territorio e in che modo farvi fronte. Su questo argomento, vorremmo un salto di qualità deciso, rispetto al poco o nulla sin qui prodotto dall’amministrazione comunale, che per Legge ha un obbligo di informazione verso i cittadini. Un piano di protezione civile, seppur ben fatto, qualora non conosciuto dalla popolazione, diventa uno strumento di scarsa utilità».

E allora cosa fare? Occorre la collaborazione dei cittadini: se le risorse della pubblica amministrazione sono scarse e insufficienti, occorre coinvolgere i cittadini premiandoli. «Se un privato ha una frana sul suo terreno e la mette a posto a sue spese – continua Bastioni – deve essere premiato o con una riduzione delle tasse o con sovvenzioni di altra natura, qualcosa che premi la messa in sicurezza. La realtà in cui viviamo è ben diversa: oggi se hai un frana o abiti in una zona alluvionabile rischi di dover solo pagare, per poi ricevere il vincolo sull’area e sei rovinato. Quindi, oltre al danno, anche la beffa. Questo è il motivo per cui nessuno dice niente, esiste una sorta di omertà al riguardo, ed è anche il motivo per cui nei piani regolatori, il più delle volte, si omettono le osservazioni di carattere geologico» conclude Bastioni.

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