Intrecci

Il bimbo e la foresta

Gli alberi delle foreste di Ucraina, testimoni di una disumanità senza frontiere e che vede estendersi l’ombra di un conflitto, hanno cercato e cercano di proteggere con i rami e con la legna per il fuoco

In quei boschi splendidi e immensi di Ucraina ero stato anni addietro accompagnato da padre Pavel Vyshkovsky che a Roma si era laureato in storia del cristianesimo con una tesi sull’Holodomor, lo sterminio per fame che tra il 1932 e il 1933 Stalin aveva voluto per piegare il popolo ucraino ribellatosi all’ingiustizia del suo regime: cinque milioni di vittime, moltissimi i bambini.

Fui colpito da un incontro di alcune centinaia di bambini raccolti da padre Pavel per un giorno di giochi attorno ad alcune suore, preti, laici. Una festa nel bosco alla quale anche gli alberi partecipavano. Al termine il vescovo mi chiese: «Quando torna in Italia dica che molti di questi bambini sono i figli di donne ucraine al servizio di persone italiane, sono mamme che mandano i soldi del loro lavoro per sostenere i piccoli rimasti qui».

Non mancai di dirlo e di scriverlo. In molto altri Paesi dell’Est europeo vissi simili esperienze, il messaggio del vescovo ucraino si ripeté, l’immagine di quei bimbi nella foresta ucraina non si è cancellata. Si è fatta ancor più viva e graffiante di fronte a quelle che vengono da questi luoghi segnati dalla sofferenza e dalla morte di bambini appena nati o non ancora nati, di mamme e di papà disperati.

Morti o abbandonati sotto un manto europeo, non solo quello delle istituzioni dell’Unione europea, che raggela invece di riscaldare.

Gli alberi delle foreste di Ucraina, testimoni di una disumanità senza frontiere e che vede estendersi l’ombra di un conflitto, hanno cercato e cercano di proteggere con i rami e con la legna per il fuoco.

Faremo il presepio e ci augureremo Buon Natale anche quest’anno. La statuetta del bambino che metteremo nella culla avrà il volto del piccolo morto per il gelo tra Polonia e Bielorussia oppure annegato nelle acque del Mediterraneo o nel fiume al confine tra Messico e Usa?

È una domanda che irrompe e attende una risposta dalla coscienza più che da nobili concetti, da dotte citazioni, da rispettabili omelie.

Anche le grandi questioni che oggi impregnano i media e l’opinione pubblica quali il futuro della democrazia, la ripresa economica, la lotta al virus e la difesa dell’ambiente sono a un bivio: o si chinano come gli alberi della foresta di fronte a un bambino oppure non hanno né senso né futuro.

È notte nei boschi di Ucraina, sul Mediterraneo, al confine tra Messico e Usa, in mille altri presepi nel mondo compreso quello della stazione Termini di Roma dove un giovane è morto assiderato. È notte in strade e piazze vicine alle nostre case. È notte anche per il creato manomesso e violentato

Il presepio ha sempre un senso profondo e da riscoprire ogni anno: rasserena e nello stesso tempo provoca. Nella notte del mondo lascia intravvedere un chiarore che oggi richiama quelle luci verdi accese per un bambino nel buio della foresta di Ucraina che è il buio della foresta del mondo.

Dal Sir