III Domenica del Tempo Ordinario – Anno A (Mt 4, 12-23 – Forma breve Mt 4, 12-17)

Venne a Cafàrnao perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa.

[ Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa: «Terra di Zàbulon e terra di Nèftali, sulla via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti! Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce, per quelli che abitavano in regione e ombra di morte una luce è sorta». Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino». ]

Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono.

Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo.


Gesù inizia la sua missione dalla periferia.

Gesù inizia la sua vita pubblica. Lascia Nazareth, si ritira nella Galilea, nell’estremo nord d’Istraele, a Cafarnao.

È significativo che Gesù non inizi la sua missione dal suo paese, da Gerusalemme, ma inizi da una terra di frontiera, dalla periferia, da una terra ove convivono popoli diversi, con religioni diverse. Proprio da questa terra povera, controversa, piena di gente pagana, impura, Gesù comincia la sua missione.

Ci viene in mente Papa Francesco. Anche lui ha in simpatia le periferie, i luoghi dove vive la povera gente. Il Papa dice che dalla periferia si osserva meglio il problema, si comprende meglio quello che accade al centro, si vive in modo più autentico la vita cristiana.

È nel contesto della periferia, della ferialità che Gesù incontra e chiama i primi discepoli alla sua sequela. Pietro e Andrea, Giovanni e Giacomo erano pescatori. Ricevuto l’invito di Gesù lasciarono tutto e lo seguirono. Gesù ha fatto il primo passo, la proposta, la chiamata ed essi hanno risposto con generosità.

Quante volte ognuno di noi è stato chiamato dal Signore e non ha risposto con la stessa prontezza? Quante scuse, quanto tempo per pianificare i nostri interessi, fino a dimenticare la proposta, la chiamata.

Tutto ci rimanda alla prima lettura di Isaia: «Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce; su coloro che abitavano i terra tenebrosa una luce rifulse».

Quel popolo era Istraele schiavo in Babilonia, ma quel popolo siamo anche noi, schiavi di tanti legacci, di tanti interessi, di tanti pseudo valori che ci rendono schiavi e incapaci non dico di lasciare tutto per seguire il Signore, ma almeno di mettere il Signore al centro della nostra vita ed armonizzare tutti i nostri interessi in modo tale da non perdere l’interesse primario: Gesù Salvatore.

Ieri è terminata la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani dal titolo «Cristo non può essere diviso» (1 Cor. 1,1-17), oggi l’apostolo opportunamente: «Vi esorto, fratelli, per il nome del Signore nostro Gesù Cristo, a essere tutti unanimi nel parlare, perché non vi siano divisioni tra voi, ma siate in perfetta unione di pensiero e di sentire» 1 Cor. 1,10-13.

Quanto è in rapporto con Dio è detto godere della sua consistenza, porta le sue impronte attraverso quei fili sotterranei e nascosti che costituiscono la storia della salvezza. Ci sono fatti che ci superano, che avvertiamo essere nelle mani di Dio, e in questo ambito profondo si colloca la nostra persona, per la sua ricchezza, singolarità, creatività, capacità innovative, mettendoci in contatto con Chi ha dato origine al mondo.

Si tratta di quei valori che sono nati con l’uomo, sono l’uomo stesso, come la giustizia, l’amore responsabile, la libertà creativa, il dialogo che nutre le persone ed edifica la comunità. La nostra esperienza di fede li sente come suoi e li custodisce come tesoro prezioso.

È una rete di rapporti, di relazioni che non si vedono, ma che se non ci fossero saremmo perduti. È l’invisibile necessario che forma la nostra identità, le nostre radici. Perciò riconoscere questo livello profondo di spiritualità è sentirsi coinvolti nel destino del Datore della vita, seguirne le sue vicende, essere figli della Risurrezione: lo spirito profetico coglie in continuazione nel tempo come, quando, in che modo. Possiamo solo attenderlo e sperarlo con Cristo, l’Amico più grande di noi, di cui abbiamo solo la fiducia che resiste a tutte le prove, e ci insegue con la sua alleanza d’amore.

E quindi comprendiamo bene anche la lettura del Vangelo, perché Gesù mette in difficoltà i suoi avversari, che vorrebbero tenerlo in superficie, come se la Resurrezione fosse uno spettacolo. La resurrezione è il Dio dei vivi, la comunione con il Dio della vita senza limiti. Morendo ci riuniamo a tutte le persone che sono presso il Padre, in comunione profonda, dove anche le relazioni di questo mondo trovano posto sia pure trasformate e vissute in modo eminente.

Però la cosa più importante è proprio il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, quello del roveto ardente, che fa tornare Mosè in Egitto a liberare il suo popolo. Il Dio delle persone che vuole solo la loro crescita e non si può mai possedere ma solo desiderare, attendere e sperare pregando. Le nostre esperienze si aggiungono a quelle dei nostri padri nella fede a un livello profondo dove la comunione prevale sul resto. Perciò non ha senso parlare di moglie dell’uno o dell’altro.

Quindi vivere la vita come figli della resurrezione significa alimentarci come persone, ossia risorgere in ogni momento, superare ostacoli e barriere per una vita di cui abbiamo solo gli inizi e che Jahwé, il nostro Dio, ci concede lentamente di cogliere in un cammino di speranza.