Chiesa di Rieti

«I vecchi non sono solo le radici, ma anche i rami su cui siamo appollaiati»

Non è sfuggita al vescovo Domenico, durante la meditazione dopo il rosario di ieri sera, la lieta ricorrenza del compleanno del Papa emerito, che ha fatto da primo spunto a una riflessione sui nostri anziani, fascia in questo periodo ancor più vulnerabile e bisognosa di cura e protezione

Non è sfuggita al vescovo Domenico, durante la meditazione dopo il rosario di ieri sera, la lieta ricorrenza del compleanno del Papa emerito, che ha fatto da primo spunto a una riflessione sui nostri anziani, fascia in questo periodo ancor più vulnerabile e bisognosa di cura e protezione.

«Oggi è il compleanno del papa emerito Benedetto XVI che ha spento la candelina numero 93. È un’occasione per dire grazie ad un padre, anzi ‘ad un nonno’, come direbbe papa Francesco. Ma anche lo spunto per una presa di coscienza di quelle che sono le nostre radici, cioè gli anziani, che tra ai tempi del Coronavirus sono la fascia di popolazione più a rischio. La statistica è impietosa e svela che una generazione se ne è andata, proprio quella che aveva resistito agli stenti della seconda guerra mondiale ed aveva affrontato la ricostruzione».

«Nella nostra mentalità la longevità è un valore mentre i vecchi qualche volta solo un problema. Ciò detto, bisogna riconoscere che da noi l’età media è così alta proprio perché la vecchiaia è rispettata, in virtù della nostra matrice cattolica. Ma non solo per ragioni ideali, anche per motivi affettivi e, qualche volta, perfino economici. Altrove, nel nord dell’Europa, la popolazione è mediamente più giovane perché i vecchi non arrivano a certi traguardi, essendo ritenuti ormai così vicini alla fine che se ne può anticipare l’esito definitivo».

«I vecchi non sono solo le radici, ma anche i rami su cui siamo appollaiati e che ci consentono di scrutare l’orizzonte. Ne sanno qualcosa soprattutto i più giovani che vivono un rapporto speciale coi nonni. Ognuno potrebbe raccontare il nonno o la nonna che custodisce segretamente nel suo cuore e, qualche volta, sul comodino. È che il rapporto con gli anziani è paradossalmente più libero: non hanno il fiato corto sul collo, come i genitori e, nello stesso tempo, sono un riferimento che evoca, senza mai costringere. La bellezza dell’anziano, infatti, è quello di uno che “abbandona la presa”: desiderare di portare a compimento, ma non a tutti i costi. E, soprattutto, è uno che ama esercitarsi nella memoria che è la capacità rassicurante di tenere vivo il vissuto, ma anche di leggerlo con gli occhi e il cuore che si hanno dopo averlo attraversato».