I giornalisti col bollino

Un mio breve intervento sul rapporto tra la città ed il Meeting (che non è un giudizio sul Meeting in quanto tale) ha sollevato una piccola polemica. Niente di particolarmente grave: si affronta il discorso con la solita mancanza di argomenti, con un’incarognita incapacità di stare nel merito, più che altro ricorrendo all’insulto.

Qualcuno, non ha trovato di meglio che andare sul personale e ironizzare sul fatto che non sono iscritto all’Albo dei giornalisti. Ad una persona di buon senso, il retropensiero di questa insistenza suona come una stortura. Lascia intendere che per scrivere qualcosa occorra essere titolari di una qualche “autorevolezza”, di una sorta di certificato di qualità.

Io non capisco come possa venire in mente una cosa simile. Credo che dietro alla scrittura ci debba piuttosto essere la necessità di dire ciò che si pensa con libertà e autenticità, anche assumendosi qualche rischio.

La convinzione che ci debba essere qualcosa di sociale, di ufficiale, che fissi l’autorevolezza di qualcuno, ha un che di aberrante. Denota l’atteggiamento di chi è incapace di concepire una verità al di fuori dell’autorità.

Se questa è l’impostazione culturale, si capisce facilmente tutta l’irritazione di qualcuno. C’è chi trasale infastidito appena sente una voce fuori dal coro. Deve sembrargli un’insopportabile anomalia, un’insolenza, una maleducata messa in discussione delle proprie piccole certezze, forse del proprio status. Ma pazienza, questo è il meno.

Più preoccupante è vedere in giro un malcelato compiacimento. C’è chi sorride soddisfatto al pensiero che si possa negare l’accredito a raccontare un evento sulla base dell’appartenenza ad un Albo. Ci si intravede il piacere di far parte di una casta, una specie di gusto per l’esclusione e la diseguaglianza, quasi un disprezzo per le pari opportunità.

E poi ci sarebbe pure da ragionare sull’uso che i giornalisti col “bollino” fanno della propria autorevolezza. Ad esempio qualcuno ha annunciato la visita di Papa Francesco a Rieti senza fare neppure uno straccio di verifica. Avesse prima chiesto in Curia, nessuno gli avrebbe detto “no grazie”.

Ma lasciamo perdere. Non so se i miei critici continueranno a spulciare le mie prediche. Io di sicuro non rinuncerò a tenermi aggiornato su come parcheggia la gente, sulle bizzarrie nel vestiario dei vip e sulle strane scritte che ci regalano le disfunzioni dei varchi elettronici. E a verificare se per caso m’è sfuggita la pubblicazione di qualche velina.

2 thoughts on “I giornalisti col bollino”

  1. stefano cacciagrano

    forse era proprio la questione dell’iscrizione all’albo o meno la cosa meno rilevante… caro fabrizi, qua si discute se sia opportuno o meno trovare sempre nuovo fango da gettare addosso a eventi organizzati a rieti… ogni scusa è sempre buona, stavolta si è tirato fuori il “gap” fra meeting e bisogni reali dei reatini… come se nel resto d’italia e del mondo non si organizzino eventi sportivi o di svago… o come se altrove ci sia opulenza!

    1. David Fabrizi

      A Stefano Cacciagrano rispondo perché almeno prova a rimanere sul tema. Gli debbo però chiedere in quale frase avrei gettato fango sul Meeting. Infatti non mi pare di aver fatto nulla del genere. Del resto non avrei potuto, ritenendolo una manifestazione positiva. Ho piuttosto rilevato una realtà, di cui mi pare si sia lamentata anche l’organizzazione, o almeno chi ci gravita attorno, e cioè che nonostante le sue qualità, il Meeting sembra interessare solo ad una minoranza di reatini. Quindi si è provato a rintracciarne il motivo, che a mio avviso è anche nella distanza tra lo stato di necessità vissuto da gran parte della città e questa bella festa dello sport. Mi pare di aver proposto una lettura oggettiva, abbastanza distaccata, priva di qualsiasi atto d’accusa. Se qualcuno ha altre spiegazioni o spiegazioni migliori si faccia avanti, ma non ci venga a dire che i reatini sono semplicemente tirchi, perché non è vero. Per le cose che gli piacciono spendono quel che possono, come tutti, e si vede.
      Per questo l’unica cosa su cui polemizzavo – credo garbatamente – è l’atteggiamento di chi parrebbe voler mettere sotto accusa gli assenti e gli “odiati” «portoghesi». Ci ho visto l’atteggiamento di chi dice: «vi abbiamo portato “l’acqua co le recchie” e non ci avete dato soddisfazione» quasi che tutti si debbano interessare di quel che piace a loro. Mi è sembrata un’ingenuità, un’eccessiva semplificazione, una posizione superficiale e autoreferenziale. Forse sarebbe il caso di guardare le cose più in profondità. È un invito che faccio con il sorriso e senza il risentimento che mi si è rovesciato contro. Ma ognuno la pensi come crede.

      —————————

      Mi permetto solo una aggiunta: quella dell’iscrizione all’albo sarebbe stata la cosa meno rilevante se si fosse discusso nel merito di quanto scritto. Ma quella dell’Albo mi è sembrata la strategia di chi non sapendo rispondere agli argomenti ha preferito buttarla in caciara. L’atteggiamento di chi non guarda al ragionamento, ma a chi l’ha messo su carta, mi sembra abbia a che fare più con il pregiudizio che con l’onestà intellettuale. Pazienza: certe uscite la dicono lunga sulla qualità del pensiero di chi si pone in questo modo.

Comments are closed.