Con Francesco nella Valle

I frati della comunità interobbedenziale al teatro Flavio per spiegare Francesco

Salire su un prestigioso palcoscenico per parlare della famiglia. È quello che ha fatto la fraternità interobbedenziale di San Rufo sabato 13 ottobre al Teatro Flavio Vespasiano, accompagnata dal noto presentatore Flavio Insinna e dal musicista Leonardo De Amicis.

Salire su un prestigioso palcoscenico per parlare della famiglia. È quello che ha fatto la fraternità interobbedenziale di San Rufo sabato 13 ottobre al Teatro Flavio Vespasiano, accompagnata dal noto presentatore Flavio Insinna e dal musicista Leonardo De Amicis.

Lo spettacolo si è svolto in due tempi. Tra le poltrone della platea, padre Antonio Maria parla del sogno di Francesco: diventare cavaliere. I figli vanno sempre oltre i padri, e Francesco era già ricco in quanto figlio di Bernardone e ora di suo vuole aggiungere il cavaliere: un obiettivo importantissimo per un ragazzo del suo tempo.

E allora Francesco sogna luccicanti armature e ne rimane affascinato. Insinna è stato bravo nel conoscere i sogni dei ragazzi come De Amicis nell’allevare nuovi talenti del canto presenti sul palco.

Il dialogo scorre fluente e divertente con la partecipazione del pubblico tra partecipazione attiva ed applaudita, con l’inserimento di canzoni appropriate. È un gioco. Pausa ed inizio del secondo tempo.

È chiamato in causa padre Marcello che provenendo da Fonte Colombo, luogo della Regola francescana. A Fonte Colombo Francesco approfondisce l’amicizia con quel Gesù che aveva sognato a Spoleto. È un Gesù che è una bella notizia, un vangelo anche per i suoi amici/fratelli che lo seguono da quando era un buontempone a Spoleto ma anche adesso, nella valle reatina.

Francesco scopre che la Regola non è solo sua, ma anche dei ministri, del vescovo di Roma, ma soprattutto è il Vangelo di Gesù.

Ed anche lui che è veramente un padre per quanti lo seguono di fatto non si deve angustiare perché quei bravi ragazzi non sono suoi. A questo punto dello spettacolo la scena è per il frate più anziano, il reatino padre Luigi che offre la propria testimonianza personale, partito a soli dodici anni da questa valle attraverso il sogno della sua famiglia di “farlo studiare”.

Nel corso degli studi, la fortuna di conoscere un frate polacco che parlava sempre di una famiglia eccezionale: quella di Massimiliano Kolbe, colui che ebbe  il coraggio di morire per un papà di famiglia, dopo essere stato un papà per tutti gli internati nella cella di Auschwitz.

Ora padre Luigi ha lasciato il convento di Cattolica che si è trasformato in Casa Sant’Antonio per accogliere i bambini sfortunati nati nei dintorni di Černobyl’, ancora bisognosi di cure terapeutiche dopo il disastro nucleare del 1986.