Google: diritto all’oblio a metà

Le pagine saranno invisibili alle ricerche dalla Ue, non nel resto del mondo

A qualche settimana dalla sentenza dell’Alta Corte di Giustizia Ue, Google prova a correre ai ripari introducendo un meccanismo per consentire agli internauti di esercitare il proprio “diritto all’oblio”. Un primo tentativo, quello di Mountain View, che vede la luce nel pieno di un dibattito riacceso dal recente verdetto di condanna subito da BigG.

La vicenda è ormai nota. Tutto ha inizio in Spagna, dove, nel 1998, il signor Mario Costeja Gonzalez, un “signor Rossi” iberico, dopo diverse difficoltà finanziarie è costretto a mettere all’asta la propria casa. Una vicenda come molte, che spesso neppure le cronache locali dei quotidiani di quartiere riprendono, ma non è questo il caso. Un piccolo quotidiano locale riporta la notizia di Gonzales e la vicenda rimane scritta nella pietra (on-line): Google news indicizza le pagine on-line del quotidiano che finiscono nell’archivio di Mountain View e, a 16 anni di distanza, ogni volta che si cerca il suo nome su Internet, ai primi posti dei motori compare la notizia di quell’asta. Gonzalez ritiene che questi risultati provochino un danno alla sua immagine, lasciandola ancorata ad un passato ormai lontano, e decide di denunciare Google al Garante della Privacy spagnolo. L’Autorità iberica, prima, e la Corte Europea, dopo, condannano Mountain View: “il gestore di un motore di ricerca su Internet è responsabile del trattamento effettuato dei dati personali che appaiono su pagine web pubblicate da terzi”.

La sentenza ha riacceso un dibattito rimasto assopito per anni, ma non solo. All’indomani del pronunciamento dell’Alta Corte di Giustizia UE, Google ha cominciato a ricevere centinaia di migliaia di richieste di utenti che chiedevano di rimuovere le pagine on-line “sgradite”. Da Mountain View avevano avvertito subito: “la decisione – aveva dichiarato un portavoce di Google – ha implicazioni significative sul modo in cui gestiamo le richieste di rimozione. È complicato, non ultimo per il gran numero di lingue implicate e per la necessità di effettuare accurate revisioni. Non appena avremo pensato attentamente a come potrà funzionare, cosa che potrebbe richiedere diverse settimane, informeremo gli utenti”.

Così la settimana scorsa, BigG ha deciso di mettere in campo una prima soluzione, un tentativo di rispondere alle molte richieste provenienti dagli internauti, ma non solo: è lo stesso Larry Page (fondatore e a.d. di Google) a spiegare le novità introdotte, sottolineando, con non poche polemiche, la volontà di Google di valutare ogni singola richiesta cercando di bilanciare i diritti toccati dall’intervento europeo. Un intervento, secondo Page, che ha turbato il delicato equilibrio tra il diritto dell’individuo all’oblio e quello del pubblico di accedere all’informazione, e che non ha avviato un reale dibattito sulla questione.
Lo strumento: Google ha messo on-line un web-form attraverso il quale richiedere la cancellazione dei link ritenuti lesivi della propria immagine. Chi vorrà avvalersi di questo strumento, dovrà identificarsi (attraverso una copia digitale di un documento di identificazione), elencare i collegamenti e motivare la richiesta. Tutti i form saranno poi analizzati da un team di specialisti di Mountain View che valuteranno le richieste una ad una: incerti i tempi di gestione di ogni pratica. Mentre è già chiaro che i link non saranno fisicamente rimossi: le pagine saranno rese invisibili alle ricerche dalla UE, mentre resteranno raggiungibili dal resto del mondo.