Meglio “gli angeli del fango”

Certamente meglio delle risse (vere o false) imbandite dalla tv a ogni ora

Tutti quanti noi – ciascuno a modo proprio – diventiamo quello che vediamo. È un processo che inizia da bambini, quando il nostro sguardo è puntato soprattutto sul comportamento degli adulti che ci sono più vicini (a partire dai genitori) e prosegue da grandi, quando i nostri occhi guardano soprattutto i media, e la televisione in particolare.

In questi ultimi giorni abbiamo avuto l’ennesima conferma che il piccolo schermo, come una sorta di “blob” permanente, può mostrarci tutto e il contrario di tutto, proponendo immagini di segno completamente opposto. Dai litigi in diretta fra giornalisti e conduttori alle docu-fiction sulle operazioni di salvataggio dei profughi in mezzo al mare, dalle risse in campo fra giocatori di nazionali in conflitto alle storie degli “angeli del fango” di Genova.

Fa un certo effetto vedere un provocatore nato come Marco Travaglio alzarsi durante una puntata di “Servizio pubblico” (La7, giovedì ore 21.10), soltanto perché il conduttore Michele Santoro lo richiama a usare toni un po’ meno aggressivi e offensivi verso gli ospiti del programma. Siamo ormai (purtroppo) abituati a vedere ogni giorno sul piccolo schermo gente che non se le manda certo a dire e sappiamo bene che molti talk show giocano proprio sui toni esasperati per richiamare l’attenzione degli spettatori. Ma che due addetti ai lavori si lascino prendere in questa maniera, diventa francamente un po’ troppo.

Anche la rissa fra le nazionali di calcio di Serbia e Albania, (de)generata da una bandiera inneggiante all’indipendenza lanciata in campo, ha proposto agli occhi degli spettatori (e degli utenti del web, dove le immagini sono subito rimbalzate) uno spettacolo purtroppo già visto molte volte, anche sui campi di casa nostra. In casi come questi, oltre all’inevitabile condanna del comportamento dei 22 in campo e di tutti quelli intorno che fomentano la rissa, si riapre il dibattito sull’opportunità di mandare in onda o meno certe immagini.

Se la violenza genera violenza, magari anche i comportamenti virtuosi generano emulazione. Telegiornali e trasmissioni di approfondimento nei giorni scorsi hanno dedicato ampio – e meritato – spazio agli “angeli del fango”, i volontari che in occasione dell’ennesima alluvione di Genova come in molte altre situazioni simili si sono dati da fare per aiutare le persone e la città a rientrare nel più breve tempo possibile in condizioni di normalità.

A parte che forse l’espressione non è delle più felici dal punto di vista semantico, resta però l’impressione positiva nei nostri occhi e nei nostri cuori di fronte alle storie di persone che, spesso colpite loro stesse direttamente dalla tragedia e dalla distruzione, hanno quale primo istintivo comportamento quello di rimboccarsi le maniche, infilarsi un paio di stivali, imbracciare una pala e scendere in strada ad aiutare i propri concittadini.

Nei gesti, nelle parole e negli occhi di queste persone si leggono un altruismo e una genuinità che le inevitabili passerelle dei politici “in visita”, di tutt’altra connotazione, non fanno che rendere ancora più autentici. Il nodo è che troppo spesso coloro che si comportano con un altruismo e un’abnegazione che dovrebbero essere naturali per chiunque finiscono per diventare una sorta di “eroi”, invece che caratterizzarsi per la positività di comportamenti che dovrebbero essere quotidiani.

Evidentemente non siamo abituati a vedere – e, quindi, imitare – i comportamenti virtuosi e le azioni buone.