Dal Giugno antoniano all’Incontro pastorale, il vescovo: «dare spazio ai giovani»

È citando l’estrazione dei portatori del santo di ieri sera, che il vescovo Domenico ha dato il via alla celebrazione del mattino nel giorno culminante del Giugno antoniano. Un pretesto per dire che «tutti dobbiamo sentirci sorteggiati a dare un contributo per il bene della comunità». Un compito dal quale nessuno deve sentirsi escluso, perché «sant’Antonio è di tutti e invita tutti a dare il meglio di sé».

Un’esortazione alla partecipazione e al bene comune che mons Pompili, durante l’omelia, ha riaggangiato alle parole del Maestro: «Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli […] non perderà la sua ricompensa».

«Qui – ha spiegato don Domenico – si fa riferimento all’accoglienza spicciola, il cui termine ricorre per ben sei volte» precisando che in questi casi, a contare «non è tanto la misura, ma la qualità dell’accoglienza, che è disponibilità verso l’altro e non ricerca di rapporti protetti».

L’invito è a prendere coscienza di un presente in cui «si tende a barattare la libertà per la sicurezza». Una scelta che si fa al prezzo della divisione e della contrapposizione, proprio quando è più necessario «essere aperti all’altro, alle questioni nuove, ai problemi concreti senza rifugiarsi nel privato».

Un discorso che vale nei confronti della vita, anche quando è difficile, come nel caso del piccolo Charlie, o nei confronti del tema epocale delle migrazioni, ma anche più semplicemente nei rapporti tra le generazioni. Il vescovo ha infatti invitato a «dare spazio ai giovani, che sono penalizzati da una società che li giudica a distanza, senza coinvolgerli veramente». Un tema su cui la Chiesa per prima intende dare il buon esempio attraverso l’Incontro pastorale di Contigliano (8-10 settembre prossimi), «riattivando un dialogo possibile, da cui dipende il nostro futuro».

«Puntare sulla propria sicurezza», ha ribadito mons Pompili, «compromette la libertà»: per includere tutti, a partire dai più giovani, è dunque necessario esporsi a qualche pericolo, mettendosi al riparo «dal falso amore di sé, che conduce alla sterilità», scegliendo al suo posto «un amore responsabile, che non teme di perdersi per ritrovarsi».

«La ‘vita spericolata’ che ci è rimasta – ha concluso don Domenico – è quella del Vangelo che chiama le cose per nome e non si lascia intimidire dal male».