Giugno Antoniano 2012 – Omelia del Vescovo Delio Lucarelli

Omelia del Vescovo Delio Lucarelli in occasione della celebrazione antoniana di domenica 24 giugno, festa di San Giovanni, nella Chiesa di San Francesco a Rieti.

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Carissimi fratelli e sorelle,

convenuti in questa chiesa antica e tanto importante per la tradizione antoniana della nostra città, vi saluto con gioia e vi auguro di vivere questi ultimi tratti del giugno antoniano con il cuore ricolmo di fede e di speranza.

Oggi, la Chiesa diffusa su tutta la terra celebra la solennità della nascita di Giovanni Battista e noi abbiamo ascoltato sia le letture che i testi delle preghiere che ci parlano del Precursore, cioè di colui che venne a preparare la strada al Signore. Mancano, infatti, esattamente sei mesi al Natale, cioè alla celebrazione del mistero dell’ Incarnazione.

È molto interessante trovare dei collegamenti tra la figura del Battista e quella di Antonio di Padova, distanti tra loro 1200 anni.

Abbiamo ascoltato, nel Vangelo, che Zaccaria, il futuro padre di Giovanni e marito di Elisabetta, riottiene il dono della parola dopo la nascita del bambino, parola che aveva perso perché non aveva creduto all’angelo, secondo il quale lui e l’anziana moglie avrebbero avuto un figlio.

Vorrei riflettere con voi su alcuni aspetti che mi sembrano essenziali per noi e per il momento che stiamo vivendo, coniugando questi tre personaggi (Zaccaria, Giovanni Battista e Antonio di Padova) che hanno in comune quei doni che il Signore offre a chi lo cerca e a chi lo aspetta con cuore sincero.

Anzitutto, direi, il dono di una fede non sciocca o semplicistica, ma in continua ricerca della verità e del bene.

La fede di Zaccaria fu una fede di sacerdote della religione ebraica ligio ai suoi compiti, ma pronto ad indagare con la razionalità la sconvolgente parola dell’angelo; la fede di Giovanni fu una fede solida, ma per certi versi anche “gridata”, per vincere la sordità del suo popolo; la fede di Antonio, potremmo dire, assunse tutte e due queste modalità: usò la ragione e l’intelligenza, non vacillò di fronte ai dubbi e urlò ai suoi contemporanei l’urgenza della conversione e della pratica religiosa.

Come molti di voi sanno la nostra Diocesi sta vivendo l’Anno Eucaristico che si concluderà nei prossimi mesi con il Congresso Eucaristico Diocesano, proprio mentre si aprirà l’anno della Fede voluto dal Papa e indetto con il documento pontificio “Porta fidei”.

Noi comprendiamo, allora, anche la grande attualità di Antonio di Padova, la sua contemporaneità con noi.

Ottocento anni di fede e di cammino della Chiesa non li rendono, Antonio insieme a san Francesco, anacronistici; al contrario, nostri compagni di viaggio, nostri fratelli nella fede.

Sono cambiate le circostanze, ma i problemi da affrontare sono gli stessi, compresi quelli della vita civile e sociale: il malaffare, la mancanza di lavoro, la conflittualità tra le persone e nei vari contesti di vita e di lavoro.

Essi, sia Francesco che Antonio, compresero un fatto che non deve apparirci secondario: per cambiare il mondo e la Chiesa dovevano per primi loro stessi lasciarsi cambiare il cuore con l’accoglienza di Cristo.

E potevano rinnovare la realtà solo a partire da ciò che già era in atto, cioè da quella Chiesa e da quella società.

Riflettiamo su questo: spesso noi vogliamo che la Chiesa e la società siano migliori, ma noi vorremmo sempre restare gli stessi, con le nostre mediocrità e le nostre certezze umane, ma è troppo comodo, soprattutto utopistico e inutile.

Vediamo la figura di Zaccaria: è sconvolto dall’annuncio dell’angelo, capisce che si deve lasciare travolgere da una novità che sarà a beneficio di tutti.

Continua il suo servizio di sacerdote, ma lo svolge in modo nuovo, con l’entusiasmo di chi sa di essere sulla via della conversione a Dio.

Giovanni Battista non predica solo per gli altri, ma soprattutto per se stesso; e i lunghi digiuni lo preparano ad accogliere quella Parola e quel Pane che Gesù viene a donare a tutti.

Da pochi giorni si è concluso il nostro Convegno Ecclesiale sull’Eucaristia, in preparazione al Congresso del prossimo autunno; il tema era «Eucaristia, forma della vita cristiana».

Per Antonio l’Eucaristia fu veramente “forma” della sua vita, anzitutto perché il suo donarsi agli altri nasceva dalla donazione di Cristo; il suo essere “missionario” nasceva dall’invio che conclude la Messa: andate e annunciate, battezzate, parlate, aiutate i fratelli e le sorelle che incontrate.

Pensate che coraggio deve aver avuto nel cosiddetto miracolo della mula: il contadino non credente lo aveva sfidato. La sua mula era affamata e disse a Frate Antonio, vediamo se tra il fieno e l’Ostia preferisce mangiare o adorare l’Ostia consacrata! La mula si prostrò in adorazione del Sacramento e rinunciò al fieno.

Mi sono chiesto: ma poi il contadino avrà dato da mangiare alla mula? Certamente sì e forse da quel momento gliene avrà dato anche di più e sempre; avrà avuto cura di quell’animale quasi come di una persona, perché aveva riconosciuto nel Pane consacrato il Cristo vivo, vero e reale.

Il pane del nutrimento materiale sarà abbondante, quanto più sapremo riconoscere la necessità e l’urgenza del Pane spirituale. Questo è l’insegnamento che dobbiamo fare nostro, qui è il segreto di una vita rinnovata.

Che legame vi era, per Antonio, tra il Sacramento e il mistero del Natale, dell’Incarnazione, che oggi ci viene in qualche modo annunciato con largo anticipo grazie alla figura di Giovanni?

Un legame strettissimo: quel Bimbo che Antonio porta sul palmo della mano e che quasi emerge dal Libro è la Parola fatta carne, che è sempre con noi sotto le specie eucaristiche: è il Cristo vivo e operante in mezzo al suo popolo!

L’episodio di cui fu testimone il Conte TISO, che vide Antonio tenere in braccio Gesù Bambino, vuole proprio dire questo: lo stretto legame tra fede, Parola, Sacramento dell’altare.

Carissimi,

la Fede, la Parola, il Sacramento devono modellare la nostra vita; in fondo i santi, e tra questi in modo originale Antonio di Padova, si sono lasciati plasmare dalla fede e hanno portato tanta luce nel loro tempo, ma anche nel nostro tempo.

Zaccaria, tornato a casa, non parlava, ma fece capire ai suoi cosa gli era successo: annunciò la parola e a seguito di questo annuncio ripetuto nacque il figlio Giovanni.

Lasciate chi io vi consegni un compito, che quasi scaturisce da questa densa liturgia odierna.

Nutritevi di queste Parole che vengono da Gesù e dal suo Vangelo; alimentate la fede, coltivate la speranza, fate opere di carità e di bene.

Il nutrimento della fede possiamo averlo tutti in modo particolare con la partecipazione attiva e fruttuosa alla Messa domenicale: solo lì, Parola e Pane, comunità e sacerdote, si possono incontrare.

Solo a partire dalla comunità eucaristica si può costruire un mondo rinnovato e redento.

La comunità eucaristica, di cui noi cristiani siamo membra vive e partecipi, non è solo un luogo di vita religiosa, spirituale: essa deve aprirci il cuore e l’intelligenza per andare incontro a coloro che sono nel bisogno, soprattutto in questo tempo di crisi.

Vi sono tante povertà nel nostro tempo: materiali, spirituali, mentali. Usciti dalla Messa dobbiamo coltivare il proposito di dare il nostro amore e il nostro contributo per alleviare queste povertà, con quello che abbiamo.

In questo modo, veramente, l’Eucaristia trasformerà il mondo!

Che il Signore ci aiuti in questo progetto e ci benedica tutti!