Gitta Shilling: dialogo sulla bellezza

Oggi Gitta Schilling è una bellissima signora. Ma tra gli anni ‘50 e ‘60 è stata una fotomodella di grido, lavorando con Chanel e poi con Dior, e conquistando le copertine di riviste come «Vogue».

«Frontiera» l’ha incontrata nel reparto di Radioterapia Oncologica del de’ Lellis, in occasione dell’appuntamento di sabato 12 luglio con “Musica in Ospedale”. La signora Schilling è stata infatti presente al pomeriggio musicale quale ospite d’onore per il lancio dell’iniziativa collaterale di “Cinema in Ospedale”, promossa dai Lions Rieti Host e dal primario Mario Santarelli.

(Clicca qui per il video dell’intervista).

Sulle pareti di Radioterapia, infatti, ai tanti quadri già presenti si è aggiunto un fotogramma tratto dal film documentario “Gitta Schilling – Bellezza senza tempo” nel quale la vita della top-model tedesca, richiesta da fotografi e stilisti in tutto il mondo, diviene la chiave per immergersi nel difficile mondo della moda di ieri e di oggi. E non a caso, perché l’ulteriore passo sulla via dell’umanizzazione del nosocomio reatino, il reparto lo vuole compiere proprio sul tema della bellezza.

Forse non ci si riflette troppo, ma a segnare la frattura tra degenza ospedaliera e vita quotidiana c’è anche una minore cura del proprio aspetto, quasi che la malattia debba per forza portarsi via anche l’amore e la cura di sé. Ma è un errore se si guarda alla bellezza, come momento di integrità della persona, che anche nel dolore e nella fragilità mantiene intatta la propria dignità.

Signora Schilling, cos’è la moda?

La moda per me è una cosa bellissima come creazione, un talento innato che si può sviluppare per tutta la vita. È un continuo cercare modelli, forme, stoffe, colori da mettere insieme. È una cosa affascinante. Quando ho lavorato con i grandi del mondo dell’alta moda ho visto che passione c’è dietro. È fatta da persone come i grandi pittori, i grandi narratori, è una sorta di vocazione.

Oggi nella moda è preponderante l’immagine, mentre si dimentica il valore dell’alta sartoria, la ricerca del tessuto, la qualità delle cuciture. Sembra basti mettere l’immagine della top model per risolvere il prodotto…

E queste immagini non sono nemmeno naturali. La fotografia digitale permette di allargare, tirare, spingere, modificare tutto: gambe, labbra, occhi… è impressionante. Io sono abituata alle vecchie fotografie. In ogni modo lei ha ragione, ma io cerco di vedere sempre le cose con occhio buono. In fondo anche il mondo è cambiato. Le donne debbono lavorare, hanno la casa, hanno i bambini: non possono dedicarsi ad un vestito di alta moda. Si prendono un paio di jeans, un pullover e via. È vita, è la nostra vita in questo momento. Non si deve giudicare. Naturalmente io mi auguro che la sartoria voglia tornare al vecchio stile, e in Italia ci sono voci molto importanti che pensano questo. Anch’io come creatrice ho tante idee pratiche per creare dei vestiti. È affascinante, ma si deve andare con i tempi. Io vedo un grande pericolo: molte stoffe lavorate chimicamente attaccano la nostra salute. Il sintetico può essere buono però bisogna fare attenzione. Questi vestiti possono costare in produzione venti euro ed essere venduti per cento: pur di guadagnare oggi molte industrie esagerano e approfittano. Il profitto una volta non era la cosa più importante. Era la qualità, la gioia di lavorare, l’orgoglio di avere una clientela interessante. Di riuscire, soprattutto, bene con il proprio lavoro.

Andremo sempre peggio?

Io non sono pessimista. Questo abbassamento della nostra cultura, che viviamo, la decadenza di questo momento, deve avere una fine. Perché l’uomo stesso è una creazione. Però si deve lottare contro l’ignoranza. Ci vuole maggiore disponibilità ad imparare.

Stiamo parlando di bellezza, ma siamo in ospedale: anche in terapia dobbiamo conservare la nostra autostima. Ci vuole la bellezza nel senso di sapersi belli, di sapersi vestire, trovare i colori giusti. Di solito quando si entra in ospedale c’è il momento dell’abbandono, della depressione, si sa che si entra e si spera di uscirne bene. In questo senso la bellezza non è l’effimero, ma il concreto. C’è dentro l’idea che si può riuscire, si può vincere, pur avendo qualcosa da curare…

Sì, è giusto. Però la bellezza è qualcosa che viene da dentro. Io ho avuto la fortuna di avere i lineamenti regolari, classici. Ma non è un merito, è una eredità di genitori e nonni. Così è l’apparenza ma non si deve puntare troppo sulla bellezza. Essa è cercare di essere se stesso. Ogni persona ha qualcosa da dare e da dire. Anche in persone che sembrano brutte io trovo una grande bellezza. Bisogna imparare a leggere le fisionimie, e le assicuro che è uno sport molto interessante.