Salute

Giornata dell’autismo, il decalogo per capire i più piccoli

Marco Pontis, docente presso l’Università di Bolzano con un’esperienza ventennale nella relazione con persone con disturbo dello spettro dell’autismo, spiega nel libro "Autismo, cosa fare (e non)" il motivo di comportamenti, modalità di interazione sociale e di comunicazione

I bambini con autismo hanno comportamenti problematici ma non sono bambini problematici. Su questo principio, Marco Pontis, docente presso l’Università di Bolzano con un’esperienza quasi ventennale nel settore, ha costruito il libro ‘Autismo, cosa fare (e non)’ (edizioni Erickson, 152 pg, 16,50 euro), in cui vuole fornire una guida pratica per le persone che si relazionano con questi bambini con una mente ‘speciale’, perché non è semplice comprendere certi comportamenti, così lontani dalle convenzioni: evitare il contatto visivo, preferire la solitudine, ripetere ossessivamente alcuni gesti e parole, non accettare i cambiamenti, può risultare spiazzante, e non sapere come affrontare tutto ciò si può rivelare frustrante.

In questo volumetto Pontis spiega in pochi sintetici punti il motivo di comportamenti, modalità di interazione sociale e di comunicazione, passando poi a fornire indicazioni semplici e chiare su cosa fare e cosa non fare, in modo da valorizzare le differenze, aumentare le possibilità di comprensione e stimolare così il piacere di partecipare attivamente alle attività e alla vita, sia da parte dei bambini con autismo, ma anche di chi gli sta intorno, dai compagni di classe agli adulti. In una parola ‘condividere’.

Quello che deve essere chiaro però è che occorre la consapevolezza che ogni situazione va analizzata attentamente nella sua singolarità, perché ogni bambino è unico e quindi anche il modo di affrontare il rapporto con esso. Ecco quindi un decalogo, essenziale e pragmatico, per orientarsi in un mondo quasi sconosciuto.

  1. I bambini autistici provano tantissime emozioni: spesso le percepiscono, le elaborano e le gestiscono in modo estremamente differente dalle persone neurotipiche.
  2. I disturbi dello spettro autistico non sono causati da uno scarso affetto da parte dei genitori del bambino, ma hanno un’origine neurobiologica.
  3. L’autismo non passa con l’età: è una condizione che comporta un funzionamento cerebrale ‘neurodiverso’, che dura tutta la vita e di cui molte persone autistiche vanno assolutamente fiere.
  4. Per aiutare un bambino autistico serve indubbiamente tanto amore, ma questo da solo non basta: sono altrettanto fondamentali le competenze specifiche e il lavoro di rete.
  5. Anche le persone ‘a sviluppo tipico’ devono cercare di compiere degli sforzi per ‘mettersi nei panni’ delle persone neurodiverse, non solo il contrario.
  6. Non tutte le persone autistiche sono dei geni o dei fenomeni. La maggior parte delle persone con disturbi dello spettro autistico presenta delle significative difficoltà cognitive, comunicative e relazionali che spesso rendono difficile la vita in totale autonomia.
  7. I comportamenti di un bambino con disturbi dello spettro autistico non vanno considerati ‘patologici’ solo perché si ha una diagnosi: spesso le persone neurotipiche non riescono a comprenderne alcuni comportamenti che possono sembrare in qualche modo ‘sbagliati’ o ‘da modificare’, ma in realtà non lo sono affatto. Valutare attentamente quali comportamenti si vuole cercare di ridurre o eliminare e se è davvero il caso di farlo.
  8. Farsi aiutare a comprendere il funzionamento neurodiverso guardando le interviste o leggendo le tante esperienze e testimonianze di persone con autismo, oggi ampiamente disponibili.
  9. Trovare tutti i possibili punti di forza e sfruttarli per aumentare la motivazione e il senso di autoefficienza del bambino: i bambini con autismo sono una risorsa per tutti i loro compagni di classe e spesso le soluzioni educative e didattiche adottate dai docenti per venire incontro ai loro bisogni speciali risultano molto utili anche ai compagni a sviluppo tipico.
  10. I bambini autistici non sono ‘rinchiusi in una bolla’: a volte però, a causa di un sistema percettivo estremamente particolare e sensibile, hanno bisogno di ridurre al minimo gli input sensoriali.

Da repubblica.it