Fratres Rieti: dono, dunque amo

È ormai pronto a partire il Gruppo di Donatori di Sangue Fratres di Rieti, una associazione di ispirazione cristiana che nasce per dare un contributo al panorama sanitario locale.

Il mondo associativo reatino si arricchisce di una nuova realtà. In seno alla Confraternita di Misericordia del capoluogo è infatti nato il Gruppo di Donatori di Sangue Fratres di Rieti. L’associazione intende dedicare il proprio impegno a chi crede nella forza dell’offerta di sé. L’obiettivo di invitare la popolazione alla donazione anonima, gratuita, periodica e responsabile del sangue, del sangue midollare e degli organi. Abbiamo incontrato il presidente Roberto De Angelis per sapere qualcosa in più sull’iniziativa.

Roberto, come nasce Fratres?

A livello nazionale, Fratres nasce nel 1971 come ente morale. Dal 1994 l’associazione è approvata da un decreto ministeriale. In linea generale i gruppi Fratres nascono all’interno delle Confraternite di Misericordia come naturale estensione dell’impegno cristiano verso il sofferente. Mentre le Misericordie si occupano del trasporto sanitario e della cura degli infermi, i volontari di Fratres cercano di diffondere la cultura della salute attraverso la donazione consapevole.

Cultura della salute?

Sì. Andare a donare il sangue non è un gesto superficiale o automatico. Al contrario porta a prendere coscienza dei problemi sanitari in modo più ampio. E introduce nei donatori la consapevolezza che il proprio contributo può fare la differenza: può dare sollievo, può curare la malattia, qualche volta può evitare la morte. E poi fa bene anche alla propria salute.

Cioé?

Beh, chi ha la vocazione al dono di sé non si tratta certo male! In ogni caso ci delle piccole regole da rispettare: non si può donare sangue se non si dispone di una certa forma fisica. La donazione non è soltanto dare agli altri, ma anche darsi un modo di vivere sano. Il donatore segue in modo più stretto la propria salute. Si deve sottoporre ad accurati screening prima di sedersi sul lettino. Fratres è particolarmente attenta alla salute del donatore, perché è il presupposto per la qualità del gesto.

Quali sono i prossimi progetti dell’associazione?

Completata la burocrazia di rito cominceremo a portare avanti la nostra attività di sensibilizzazione. Abbiamo intenzione di rivolgerci alle scuole, ma anche di diffondere i valori della donazione in occasioni pubbliche. Occorre tenere presente che oltre della donazione di sangue ci occupiamo di sangue midollare e organi. In generale vorremmo portare avanti un discorso sulla compatibilità. Il punto di vista sanitario potrebbe veicolare anche valori di tolleranza e amicizia anche nella società. Ovviamente rimanendo in stretta collaborazione con la Misericordia.

Rimane quindi forte una prospettiva spirituale…

Sì. Molti nel Fratres sono anche tra i fondatori o i volontari della Confraternita di Misericordia. E il gruppo dei donatori godrà anche di un proprio assistente spirituale. In fondo il nostro tipo di associazionismo è un percorso. Dare alla donazione del proprio sangue una ispirazione cristiana vuol dire entrare nella logica di Cristo. Non è un passaggio scontato: nel nostro tempo il dono di sé è un qualcosa da imparare prima ancora che da diffondere.

C’è da coltivare una cultura della gratuità e del dono?

È questa cultura ci permette di metterci al servizio delle persone, di arricchire la vita comunicando la nostra. Il sangue donato per la salute dei malati ci deve richiamare all’avvertimento di Cristo: chi tiene tutta per sé la propria vita, la perde; chi la offre in dono, la moltiplica per sé e per gli altri. Ma, ti dicevo, non è un qualcosa che crediamo di aver già conquistato. Assomiglia più ad una vocazione, ad uno scopo da raggiungere. Ci vuole un continuo sforzo di approfondimento delle proprie motivazioni umane e cristiane. Occorre responsabilizzare i singoli donatori, perfezionare i servizi per renderli umanamente dignitosi, essere professionalmente corretti e cristianamente esemplari. Cercheremo di renderci sempre più capaci di operare, di coinvolgere e stimolare la comunità. Ma con l’umiltà di chi sa di essere all’inizio della strada.