Ottobre francescano

Fratelli tutti: la lezione di Francesco chiude a Greccio le liturgie dell’«Ottobre»

Quest’anno il giorno della solennità liturgica di san Francesco è stato vissuto dal vescovo e i francescani a Greccio, con un forte richiamo alla nuova enciclica di papa Francesco

Nell’Ottobre francescano reatino, in genere il 4 ottobre si celebrava il momento comune in città nella chiesa di San Francesco, mentre, dopo gli altri santuari, l’appuntamento a Greccio capitava nella domenica vicina al 4 ottobre. Quest’anno il giorno della solennità liturgica del Poverello d’Assisi cadeva proprio di domenica, e la chiesa cittadina a lui dedicata in riva al Velino è chiusa per lavori. Dunque la celebrazione del pomeriggio del 4 con il vescovo e i francescani era direttamente a Greccio.

Al santuario del Primo Presepe c’erano anche le autorità: il sindaco del luogo, il vicesindaco di Rieti, i primi cittadini dei Comuni limitrofi, oltre a prefetto, questore e vertici dei Carabinieri. Piena, dentro e fuori, la chiesa del convento dedicata all’Immacolata, dove in occasione della ricorrenza del Serafico Padre si inaugurava anche il nuovo altare. E con il rito di aspersione di questo e dell’assemblea è iniziata la solenne celebrazione eucaristica, con i testi eucologici della Messa del santo e quelli biblici della liturgia domenicale.

È stata così nuovamente l’immagine della vigna, al centro delle letture della domenica, a offrire lo spunto – come già alla vigilia a Fonte Colombo per il Transito – a monsignor Pompili per la sua omelia: quel paragone che tanto nell’invettiva di Isaia verso Israele infedele quanto la parabola di Gesù nel brano evangelico parla di una realtà non corrispondente al volere del padrone della vigna che è Dio: «l’infedeltà di una generazione», ha detto il vescovo Domenico, è quanto Cristo vuol mettere in evidenza, quando dice che la vigna sarà tolta a chi non se l’è meritata e data ad altri. E «se guardiamo alla nostra generazione non si sfugge alla sensazione che anche noi stiamo quasi per essere avvicendati: non è solo il quadro demografico a denunciarlo, ma quel clima di chiusura e di sospetto che ci rende tra di noi litigiosi, divisi, individualisti».

E qui monsignore ha voluto richiamare l’enciclica firmata il giorno prima ad Assisi, sulla tomba di san Francesco, dal Papa che del santo ha scelto di portare il nome: quella Omnes fratres che appare particolarmente preziosa in questa atmosfera così poco incline alla fratellanza, in cui «ci si muove ciascuno per proprio conto, senza una visione comune». Ha richiamato l’invito del Pontefice ad «affrontare la sfida del tempo», con la spinta ad aprirsi «all’altro, al mondo, a Dio»: una sfida, ha precisato Pompili, che il Papa «intende proporre a tutti gli uomini di buona volontà, non solo ai credenti».

E questa apertura all’altro, all’ambiente, a Dio creatore è in fondo «la lezione di san Francesco»: anche ai suoi tempi, infatti, «il mondo era diviso e litigioso», con atteggiamenti di chiusura, e il giovane di Assisi «seppe imprimere alla sua vita una svolta decisiva, che faceva leva sulla sua capacità di cambiamento e sulla sua intuizione che ciascuno è in realtà connesso con l’altro, con la natura, con Dio».

Da lui possiamo imparare, ha concluso don Domenico, che «la fraternità e l’amicizia sociale non sono dei sentimenti ingenui, ma la determinazione ferma e perseverante di cercare il bene comune», quanto mai urgente da riscoprire oggi. E dunque l’invito a chiedere al santo «di intercedere per noi per ritrovare questo legame, che ci unisce tra di noi, che ci unisce con l’ambiente, che ci unisce con Dio».

E anche la sua intercessione viene invocata, insieme a quella di tanti altri santi, nel canto delle Litanie che, poco dopo, introduce il rito di dedicazione del nuovo altare. Tra i diversi nomi, quelli di tre santi francescani: Tommaso da Cori, Leonardo da Porto Maurizio e la “nostra” Filippa Mareri. Sono quelli le cui reliquie sono state poi collocate sotto l’altare, prima di procedere alla preghiera con cui il vescovo lo ha consacrato, ungendolo quindi con il crisma e profumandolo con l’incenso, per poi celebrarvi per la prima volta il sacrificio eucaristico.

Ma il vero altare deve essere «nel nostro cuore», ha voluto dire, nel ringraziamento finale, il nuovo padre guardiano del convento grecciano, fra Carlo Serri (che ha concelebrato la Messa con vari altri sacerdoti delle famiglie francescane), succeduto al precedente guardiano Francesco Rossi che, ha ricordato il vescovo, aveva curato il nuovo allestimento del presbiterio della chiesa ora arricchita di questa nuova mensa eucaristica.