Chiesa di Rieti

Fratelli e sorelle di fronte alla pace

Nel cimitero di Rieti si è svolta un’intensa manifestazione per la pace organizzata dall’Ufficio diocesano Problemi Sociali e Lavoro insieme al Comune di Rieti

Un luogo doppio, di mistero e di interrogativi. Ma anche un luogo che testimonia in a più livelli il senso della pace: quella esistenziale, che smuove il cuore davanti alle grandi domande della vita, ma anche quella più terrena tra i popoli, le culture, le fedi, che si invoca anche condividendo la sepoltura.

È sull’onda di questa intuizione che ieri mattina, nel cimitero di Rieti, si è svolta un’intensa manifestazione per la pace organizzata dall’Ufficio diocesano Problemi Sociali e Lavoro insieme al Comune di Rieti.

Un momento, ha spiegato don Valerio Shango accogliendo quanti si sono ritrovati sotto l’inaspettato tepore del sole di novembre, «per fare memoria e trovare il senso della speranza al cospetto dei defunti, e per approfondire le ragioni del rispetto, del dialogo, dell’amore per la vita». Il referente del servizio diocesano si è rivolto alle autorità civili e militari, ai religiosi, ai rappresentanti delle altre fedi presenti in città, ma soprattutto agli studenti mescolati tra il pubblico e protagonisti di alcune letture dall’enciclica Fratelli Tutti di papa Francesco.

«Si posso avere diverse sensibilità – ha spiegato don Valerio – si può essere anche atei, ma di fronte alla pace dobbiamo essere tutti fratelli e sorelle. Oggi la guerra più clamorosa è quella in Ucraina, che abbiamo a un passo da casa, ma se ne contano altre 46 in corso nel mondo». In tutti i casi si parla di sicurezza, ma è quasi sempre la foglia di fico dietro cui si nasconde lo sforzo di accaparrarsi le risorse naturali e del sottosuolo, ha notato il sacerdote che ha fatto anche cenno alle diverse manifestazioni per la pace che animano il Paese e alla sollecitazione alla composizione dei conflitti che continuamente papa Francesco rinnova.

Come rinnova lo sguardo sui migranti e sulla crisi climatica, fenomeni strettamente legati alla guerra che si possono risolvere solo nel segno della cooperazione.

Un messaggio condiviso dalla comunità islamica reatina, Mohamed Ahardan, che per voce del suo Imam, che ha ricordato come la Moschea di via Nuova sia non a caso intitolata alla Pace. E come sia stato significativo che Rieti abbia un cimitero per diverse confessioni: l’assenza di conflitto e la convivenza sono possibili e Rieti lo testimonia come città accogliente: un seme da lasciare alle nuove generazioni, perché coltivandolo lo facciano fiorire.

Toccante anche la testimonianza di padre Rostyslav Hadada, pastore della comunità ucraina di Rieti, cattolica di rito orientale. «Non si può non notare che siamo qui a pregare con i fratelli di altre religioni, mentre la pace ci è stata portata via da coloro che rivendicano di essere cristiani – ha sottolineato con amarezza – la speranza è che Dio metta il desiderio della pace anche nei loro cuori». Il desiderio è quello di sottrarre la parola pace alla manipolazione e all’ideologia che ne fa il velo dell’invasione, dell’umiliazione, della schiavitù. «La pace non è vera quando la vittima deve accettare qualcosa dell’invasore contro la sua volontà, la vera pace inizia con il rispetto, l’accettazione dell’altro, la guarigione reciproca delle ferite. Speriamo di essere tutti costruttori di questa pace vera».

I discorsi sono stati intervallati da letture e momenti musicali. Poco prima della chiusura, è stato il sindaco Daniele Sinibaldi a prendere la parola, ringraziando la Chiesa di Rieti per aver avviato un discorso sulla pace che si rinnova ogni anno e i docenti che hanno consentito la presenza dei ragazzi, anche se hanno perso qualche ora di scuola. Sinibaldi ha sottolineato quando il periodo attuale sia difficile, delicato, in grado di segnare in modo profondo la storia d’Europa e aggiunto che «la pace non è qualcosa che viene gratuitamente, ma qualcosa per cui si lavora, un dovere per ogni cittadino».

Il pensiero è andato al ricordo dei caduti nelle guerre: «Se vi capita, andate a vedere le date e scoprirete che sono tutti ragazzi della vostra età», ha detto rivolgendosi agli studenti. «La pace è un impegno che si trasmette di generazione in generazione, ma tocca soprattutto alle nuove di farsene carico. Le nostre libertà di oggi dipendono dall’impegno dei giovani che ci hanno preceduto». Un impegno che oggi occorre coltivare «nel rispetto, nel dialogo, nella comprensione delle diversità altrui, non attraverso l’omologazione, ma valorizzando ciò che ci distingue uno dall’altro, con l’obiettivo di costruire un mondo che accolga tutti».

Forse Rieti, qualche passo in più in questa direzione è riuscita a farlo. Il cimitero comune a più confessioni lo testimonia, vale come esempio. Ma più che per il risultato raggiunto, per quelli che ci attendono e bisogna impegnarsi ad ottenere.