La parole del Papa

Francesco: la libertà di coscienza sia rispettata sempre e dovunque

Ricordando la “Giornata della Coscienza”, ispirata alla testimonianza del diplomatico portoghese Aristides de Sousa Mendes, Francesco ha auspicato che ogni cristiano possa «dare esempio di coerenza con una coscienza retta e illuminata dalla Parola di Dio»

Ricordando l’odierna “Giornata della Coscienza”, ispirata alla testimonianza del diplomatico portoghese Aristides de Sousa Mendes, Francesco ha auspicato che ogni cristiano possa “dare esempio di coerenza con una coscienza retta e illuminata dalla Parola di Dio”.

Un testimone della libertà di coscienza, valore da “rispettare sempre e comunque”. All’udienza generale, dopo la catechesi, Francesco si è soffermato su questo tema lanciando un accorato appello:

“Ricorre oggi la ‘Giornata della Coscienza’, ispirata alla testimonianza del diplomatico portoghese Aristides de Sousa Mendes, il quale, ottant’anni or sono, decise di seguire la voce della coscienza e salvò la vita a migliaia di ebrei e altri perseguitati. Possa sempre e dovunque essere rispettata la libertà di coscienza; e possa ogni cristiano dare esempio di coerenza con una coscienza retta e illuminata dalla Parola di Dio”.

La testimonianza di Aristides de Sousa Mendes

Le parole del Pontefice si sono intrecciate con la storia di Aristides de Sousa Mendes, un diplomatico portoghese nato nel 1885 a Cabanas de Viriato in una famiglia aristocratica. Nel 1940, poco dopo lo scoppio della Seconda Guerra mondiale, viene nominato console di Bordeaux, in Francia. Davanti ai suoi occhi vede una miriade di profughi, tra cui molti ebrei, in cerca di scampo dalla furia omicida nazista. L’ordine che arriva dal governo di Lisbona, guidato da António de Oliveira Salazar, è di negare il visto a “stranieri di nazionalità indefinita, contestata o disputata”. E anche ad apolidi e “ad ebrei, che sono stati espulsi dal Paese di origine o dallo stato di cui hanno la cittadinanza”. Ma Aristides de Sousa Mendes rilascia, in particolare agli ebrei, visti per permettere loro di entrare in un Paese neutrale come il Portogallo.

Visti senza alcuna distinzione

A Bordeaux, città che nel 1940 si trovava sotto il controllo del governo di Vichy collaborazionista col regime nazista, si sparge la voce sulla possibilità di ottenere un salvacondotto dal consolato portoghese. Molti si assiepano dinanzi al portone d’ingresso. In appena tre giorni il console rilascia ben 30 mila visti. Tra quanti vengono aiutati dal diplomatico portoghese c’è anche il rabbino di Anversa, Jacob Kruger. Il 16 giugno del 1940, Aristides decide di dare un visto a tutti i rifugiati che lo richiedano: “A partire da ora, daremo visti a tutte le persone, senza riguardo a nazionalità, razza o religione”. Aiutato dai suoi figli e nipoti e dal rabbino Kruger, timbra passaporti, assegna visti, usando tutti i fogli di carta disponibili.

“Abbiamo cura della libertà. La libertà di coscienza, la libertà religiosa, la libertà di ogni persona, di ogni famiglia, di ogni popolo, che è quella che dà luogo ai diritti. (Papa Francesco, incontro per libertà religiosa con la comunità ispanica e altri immigrati – Philadelphia, 26 settembre 2015)”

Giusto tra le nazioni

Quando arrivano i primi richiami da Lisbona, Aristides afferma: “Se devo disobbedire, preferisco che sia agli ordini degli uomini piuttosto che agli ordini di Dio”. L’8 luglio del 1940 torna in Portogallo e viene punito dal governo di Salazar: viene rimosso dal suo incarico e il suo stipendio viene dimezzato. La sua patente di guida, rilasciata all’estero, viene ritirata. Aristides e la sua famiglia sopravvivono grazie alla solidarietà della comunità ebraica di Lisbona. Due dei suoi 14 figli partecipano allo sbarco di Normandia. Aristides muore in povertà il 3 aprile del 1954 nell’ospedale dei Francescani di Lisbona. Nel 1966 gli viene riconosciuto dall’istituto “Yad Vahem” il titolo di “Giusto tra le nazioni”.

da Vatican News