Un altro format guardone

“Temptation Island”, gara di resistenza (ma non troppo…) per fidanzati.

La vita di coppia è la vita che voglio? Amo davvero la persona a cui sono legato? E lei, a sua volta, mi ama? Ha senso immaginare un futuro insieme per tutta la vita? Domande simili fanno parte dei dubbi esistenziali e della crescita di ciascuno e in sé possono anche risultare naturali per una persona innamorata. Se non fosse che, in questo caso, rappresentano la direttrice del “docu-reality” (un ibrido piuttosto ambiguo già dalla definizione di genere) “Temptation Island” (Canale 5, giovedì h. 21.10). In cui, naturalmente, ci sono pochi sentimenti autentici e molte trovate puramente spettacolari.

Basato sull’omonimo format americano e ideato dall’incorreggibile Maria De Filippi, il programma è andato in onda per la prima volta nel maggio 2005 con il titolo “Vero amore”. La prima edizione è stata affidata alla bionda conduttrice da uno studio tv, mentre quella di quest’anno è affidata a Filippo Buscaglia, direttamente dalla location prescelta.

Il format prevede che cinque coppie di fidanzati (ma forse il termine è perfino eccessivo, dato il contesto) compiano “un viaggio ravvicinato – recita il testo promozionale del programma – di verifica del loro rapporto di coppia e hanno la possibilità di verificare sul campo cosa realmente li unisce”. Se fosse un percorso di discernimento con i necessari crismi, non sarebbe neanche male. Ma si tratta di tutt’altro.

Le coppie in questione, infatti, vengono portate all’interno di un villaggio vacanze al mare e si ritrovano isolate dal resto del mondo: da una parte i fidanzati soggiornano con dodici donne single, dall’altra le fidanzate vivono la stessa esperienza con dodici uomini single. E a questo punto si capisce fin troppo bene, senza bisogno di ulteriori spiegazioni eventuali, il significato del titolo, che in italiano suonerebbe come “L’isola della tentazione”.

Evidentemente la seduzione del programma agli occhi degli spettatori (sempre più) guardoni sta tutta nel vedere che cosa succederà nell’una e nell’altra area riservata, quali coppie reggeranno alla prova e quali modalità seguiranno gli inevitabili flirt della masnada di giovani di belle speranze e di spesso esuberante presenza.

Si potrebbe aprire a buona ragione una riflessione sulla portata ampiamente diseducativa di un programma come questo, che non soltanto normalizza la rottura di un legame sentimentale ma addirittura istituzionalizza la figura di tentatrice/tentatore come elemento necessario a rendere più saldo (o a compromettere definitivamente) il rapporto di coppia. La location marittimo-tropicale fa il resto, delineando un set semiparadisiaco da fiction o da soap opera a tema.

L’unica chiave interpretativa possibile è quella legata proprio alla rappresentazione teatrale e alla conseguente rinuncia a qualunque istanza di verità nel porsi di fronte – se proprio non si trova altro da fare – al televisore durante la messa in onda di questa produzione. Chi è disposto a credere che una coppia seriamente impegnata sia disposta a condividere con un gruppo di sconosciuti e milioni di ignoti i propri sentimenti più intimi e profondi, quali quelli amorosi?

Posto che la collocazione in prima serata è pesantemente inadatta al pubblico di bambini e ragazzi, è meglio pensare che ci sia un copione, che le coppie concorrenti siano composte da attori o figuranti che fingono di avere una relazione sentimentale in corso, che tutte le interazioni di vario genere fra tentati e tentatori siano già scritte a tavolino e che, se davvero fra i concorrenti ci sono coppie effettive anche nella vita normale, vadano sull’isola a farsi tentare soltanto per la mania di protagonismo oppure perché sono pagate per farlo. Doversi arrendere a un pensiero diverso sarebbe triste e desolante.