Fede ed economia: in dialogo per il bene

Bagnasco

Incontro ieri a Genova con il card. Angelo Bagnasco, Stefano Folli e Stefano Zamagni.

“Oggigiorno la fede è vissuta come una dicotomia, su due livelli, uno che riguarda l’intimità della vita di ciascuno, l’altro la vita pratica. Ma se la fede è incarnata questa dicotomia non può esistere perché Dio c’entra nella nostra vita”. Lo ha affermato l’arcivescovo di Genova e presidente della Cei, card. Angelo Bagnasco, concludendo il secondo incontro di “Cattedrale aperta” dal titolo “Fede cristiana ed economia” che si è svolto ieri sera nella chiesa di San Lorenzo. Ospiti della serata Stefano Folli, editorialista de “Il Sole 24 ore”, e Stefano Zamagni, ordinario di economia politica all’Università di Bologna. Nella breve riflessione conclusiva, il cardinale ha ricordato un pensiero di Cornelio Fabro per il quale “oggigiorno l’ateismo non è tanto una posizione dimostrata, asserita o difesa sul piano teoretico ma coincide piuttosto con una sostanziale indifferenza”. Infatti, ha detto ancora l’arcivescovo di Genova, secondo il pensiero dominante, “non è tanto importante se Dio c’è o se Dio non c’è perché comunque Dio non c’entra”. In altre parole, il messaggio predominante nell’attuale cultura contemporanea è che, “a prescindere o meno dalla sua esistenza, Dio non c’entra con la vita”. Invece, ha concluso il cardinale, per un cristiano, “prima ancora che la dimensione etica, assolutamente essenziale, è la fede stessa che entra nella vita dell’uomo”.

Soluzioni politiche.

Nel suo intervento, Stefano Folli ha ricordato come “gli economisti classici erano anche dei grandi umanisti” e che “la figura dell’economista non va confusa con quella dell’analista finanziario”. Ha citato Luigi Einaudi “che avrebbe tanto da insegnarci” e Norberto Bobbio per il quale “il sistema capitalistico impone limiti alla democrazia”. Nel pensiero di Bobbio, ha ricordato Folli, “la democrazia si ferma ai cancelli della fabbrica” e “la risposta al sistema capitalistico avrebbe dovuto essere il superamento dello stato-nazione”. È per questo, ha proseguito Folli, che “non abbiamo bisogno di soluzioni tecniche ma politiche” perché “se l’economia è transnazionale, lo Stato-nazione diventa obsoleto e la democrazia internazionale che esiste è insufficiente”. “Sono passati 12 anni dall’entrata in vigore dell’euro – ha affermato – ma evidentemente la politica non ha fatto i passi avanti necessari”. Nella prima parte della sua riflessione, Folli ha analizzato i momenti salienti della crisi economica presente. “Sono stati cinque o sei anni drammatici nei quali le fondamenta stesse del vivere civile sono stati messe a rischio”. E se è vero, che “le crisi sono inevitabili nei sistemi finanziari complessi, a causa dell’innata tendenza degli esseri umani a ritenere che i periodi di prosperità durino per sempre”, non è meno vero che è necessario “analizzare fino in fondo le cause che hanno portato la crisi presente”. Tra queste, è “certamente e profondamente immorale separare troppo a lungo l’economia reale da quella finanziaria” così come “c’è necessità di maggiore moralità nel sistema” che deve arrivare dall’esterno del sistema perché “il mercato non ha la forza per reggersi e correggere da sé i propri errori”.

Compartecipare alla creazione.

Stefano Zamagni ha ricordato che “per il cristiano il lavoro è importante, non tanto per l’attività con cui un uomo acquisisce un potere d’acquisto ma perché il lavoro è il modo con cui ogni uomo compartecipa all’opera creatrice di Dio”. Per questo “togliere il lavoro vuol dire togliere l’identità e la stessa dignità dell’uomo”. Zamagni ha quindi parlato di “sviluppo umano integrale” a proposito dell’attività umana in campo economico, “uno sviluppo descritto da tre dimensioni”. La prima è “materiale e si esprime con il Prodotto interno lordo”; la seconda è “socio relazionale, in quanto l’essere umano non è un individuo ma una persona aperta ed in relazione con gli altri”; la terza è “spirituale”. “Per un cristiano – ha spiegato – le dimensioni devono essere compresenti sempre” e nessuna deve prevalere sulle altre, tanto meno la prima, quella materiale. Non possono essere accettate, in quest’ottica, leggi o iniziative volte a far aumentare il Pil a scapito delle persone, delle famiglie o del rapporto tra tempi della famiglia e tempi del lavoro. In un altro passaggio, Zamagni ha analizzato la differenza tra “bene comune e bene totale” ricordando che il concetto di “bene totale è figlio dell’etica utilitaristica”. “Il bene totale – ha spiegato – è il risultato della somma dei beni individuali” mentre “il bene comune è un prodotto del bene di ciascuna persona”. La differenza è notevole perché “in una somma, anche se qualche addendo viene annullato, il totale può rimanere positivo” mentre in “in una moltiplicazione, se un solo fattore viene annullato, il risultato sarà sempre nullo”. Per questo “nell’ottica del bene comune non posso annullare il bene di qualcuno per il bene totale”.