La fede all’acqua di rose (senza spine)

Cambio Dio! Una scelta radicale per alcuni, una follia per molti altri. La conversione ad un’altra religione è già un fatto inconsueto, se poi si tratta dell’Islam a qualcuno può sembrare una scelta assurda. Così non la pensa la reatina di 51 anni che, dopo una separazione e con due figlie, ha deciso di diventare musulmana, trovando anche l’amore.

Lei stessa racconta come in pochi anni sia passata dall’essere una cattolica osservante ad abbracciare totalmente la religione del profeta Maometto.

Del suo discorso ci ha colpito una frase in particolare: «li ammiravo per la loro determinazione» riferendosi proprio ai fedeli di Allah.

Da questa espressione pare di capire che i seguaci di Gesù siano poco determinati. Ma come, la religione che da duemila anni celebra il sacrificio estremo del figlio di Dio, ha portato a cristiani spenti e apatici. Questo apparente paradosso ha certamente delle spiegazioni storiche e culturali profonde.

Eppure c’è anche un problema di approccio individuale. Il cristianesimo viene vista come una fede all’acqua di rose, e per giunta di rose senza spine. Basta accettare qualche dogma morale e seguire quelle poche feste tradizionali e il gioco è fatto. Nessuno sforzo particolare. Nessun impegno.

Tutto questo implica certo una visione superficiale della religione in sé. Ma non pensiamo che la fede in un paese laico debba per forza di cose ridursi ad un culto scialbo e insignificante. Anzi proprio la maggiore libertà di credo dovrebbe incoraggiarci a viverlo pienamente. Prima di cambiare Dio, cambiamo noi stessi.

di Caterina D’Ippoliti e Samuele Paolucci