Giornata mondiale del malato, il vescovo Domenico: «Fare del bene senza aspettarsi nulla»

«Il cristianesimo si è mostrato nei secoli sempre particolarmente attento alle persone che stanno nella sofferenza». Presiedendo la liturgia in occasione della Giornata mondiale del malato, il vescovo Domenico si è rivolto ai tanti fedeli, ammalati, volontari e professionisti del mondo della salute convenuti nella chiesa di Regina Pacis senza tralasciare di guardare all’evoluzione del sistema sanitario.

«Da san Francesco ai nostri giorni – ha ricordato mons Pompili – c’è stata quasi una fantasia dei cristiani», grazie alla quale sono progressivamente emerse forme sempre nuove di cura, nella consapevolezza che «non si può sempre guarire, ma si può sempre essere curati bene». Quando poi lo Stato ha avocato a sé la cura della salute, «ci sono stati obiettivamente tanti altri progressi».

Desta però preoccupazione, secondo il vescovo, «il cambiamento di un termine, da “ospedale” ad “azienda”», perché «dice di uno slittamento di prospettiva», che si corre il rischio di far diventare la salute «un bene non per tutti, ma per chi possiede di più».

Che questo accada o meno, secondo mons Pompili resta comunque aperto «uno spazio sconfinato per tutti i volontari, per quanti si fanno vicini alle persone in difficoltà», per contribuire ad «aumentare i margini di efficienza e di equità». Una dimensione disponibile a quanti «capiscono la separazione tra chi sta bene e chi non sta bene», ma che richiede anche un’altra disposizione: quella a fare «della solidarietà e della cura una scelta di vita», che rende capaci «di fare il bene senza aspettarsi nulla, senza attendere alcuna forma di ritorno», fosse pure di sola immagine.

Diversamente l’impegno verso il prossimo «perde mordente» perché «ci si divide in nome di quelle che sarebbero le presunte benemerenze che dovrebbero tornarci indietro». Di qui l’invito per quanti sono impegnati nel volontariato sanitario a non barattare «il servizio gratuito per qualcosa d’altro», che rende sfrangiati, divisi e inefficienti.