Famiglia, il Vescovo: ci vuole il coraggio della verifica

Carissimi fratelli e sorelle,

abbiamo la gioia, in questo Vespro della festa della Santa Famiglia, di aprire in modo semplice ma intenso l’anno diocesano della famiglia, durante il quale vorremmo riflettere sul mistero, e dunque sul dono, di questa esperienza umana, ma anche sulle sue difficoltà e sulle possibili soluzioni. Il primo spunto che ci dà uno dei salmi poco fa proclamati, segnatamente il salmo 126, è ricco di consolazione ma è anche un crudo avvertimento.

“Se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori”. Questo vale per la Chiesa, per la famiglia, e per la società. Noi siamo costruttori di realtà molto complesse e difficili da realizzare e da mantenere, ma solo il Signore può aiutarci a portarle a compimento. Ciò non ci esime dal compiere ogni sforzo per lavorare bene, in vista di un fine autentico, ma solo la fede ci dà la garanzia di una piena realizzazione del nostro progetto, se è conforme ai piani di Dio.

Dalle ricerche statistiche, e più ancora dall’osservazione empirica, emerge che la famiglia è considerata un valore irrinunciabile da molti giovani. Per una serie di ragioni, tuttavia, molti tentativi, addirittura più della metà, falliscono entro i primi cinque anni. Le cause sono molteplici, le analisi e gli studi fatti sono molto interessanti e suggestivi. La settimana sociale di Torino ha rappresentato uno sforzo notevole, ma ha saputo dare poche indicazioni percorribili e veramente innovative.

Il nostro anno diocesano si snoderà in vista del primo Sinodo dei vescovi proprio sulla famiglia. Sarà un Sinodo di analisi, per poi giungere a quello del prossimo anno in cui si tireranno – c’è proprio da augurarselo – importanti conclusioni e orientamenti pastorali. Vorrei che in questo anno che si apre avessimo il coraggio di sottoporre ad una verifica impietosa la nostra pastorale familiare, diocesana e parrocchiale. Anzitutto la nostra effettiva conoscenza delle problematiche che investono le coppie giovani e non.

Poi le nostre modalità di presentare il Vangelo “della famiglia”, in modo autentico, caldo, appassionato. Ma anche non troppo ideologico. Ho ricordato nel messaggio di Natale affidato ai mezzi di comunicazione, la figura di Giuseppe, uomo silenzioso e prudente, realistico e religioso. Una figura non certo secondaria e irrilevante nella Santa Famiglia. Il Papa Paolo VI, nel suo discorso a Nazaret, parlando della Santa Famiglia ebbe a dire che il silenzio, la comunione d’amore e il lavoro, furono tra le caratteristiche inconfondibili della Famiglia di Gesù.

Vorrei soffermarmi brevemente su queste tre caratteristiche. Il silenzio domestico non è assenza di argomenti o carenza di dialogo, che non è dato dal risentimento o dalla paura del confronto. È un silenzio caldo, di un’armonia equilibrata e serena. Anzi è il primo requisito per un dialogo fruttuoso e affettuoso. Silenzio e dialogo sono posti uno in un piatto l’altro nell’altro piatto della bilancia.

Nella famiglia devono sussistere entrambi, come ragione unificante di questa esperienza umana che porta con sé qualcosa di mistico. Potremmo pensare il silenzio-dialogo in seno alla famiglia come il silenzio-dialogo in seno alla Trinità. Un silenzio eloquente, che parla. Un dialogo silenzioso, che sa tacere. Con questo silenzio-dialogo si costruisce la comunione d’amore, di cui parla Paolo VI, come vi è comunione d’amore nella pericorèsi trinitaria. Mettere in comune, ma anche fortificare, dal latino “communiri”, contro le avversità e le prove dure della vita. Comunione d’amore vuol dire molte cose, ma forse tra tutte, condivisione di gioie e dolori, ma soprattutto condivisione di fini, di scopi, di orizzonti.

Infine il lavoro. Non solo quello esterno, che ci dà il sostentamento e le risorse per vivere nel benessere e nel giusto agio, senza ostentazione e senza consumismi fuori controllo. Il lavoro è anche quello domestico, visto in una giusta e misurata uddivisione dei compiti, senza maschilismi e senza femminismi. Lavorare, dunque, anche qui inteso nel senso più completo e ampio. Cosa avveniva nella Famiglia di Gesù?

Poche annotazioni ce la dipingono, ma sembrano proprio rimandare a quanto detto sopra, e che rinvia alle parole del Papa Paolo VI. Vivere l’esperienza della famiglia non era facile allora e non lo è neppure oggi, sia per la presenza di prove e dolori: basti pensare all’episodio dello smarrimento di Gesù, e alla sua passione e morte; sia anche per la necessità di calibrare sempre la rete di relazioni e mantenere l’ armonia e la concordia. È una illuminante e cruda verità allora, quella del salmo:“se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori e invano veglia il custode”.

Nella prospettiva di fede, anche il dolore e la prova possono assumere, e di fatto assumono, un significato nuovo, non opprimente ma liberante. Ma non possiamo trascurare un dettaglio per niente irrilevante: i giovani che oggi più di un tempo si aprono alla vocazione alla famiglia hanno anche il diritto di attendersi una vita felice e serena. A questo devono essere avviati attingendo a quante più risorse possiamo predisporre per loro.

È un nostro compito grave: lo richiede la complessità del momento e la delicata posta in gioco che è la tenuta della società e la vitalità della Chiesa. Miei cari amici e fedeli, possiamo fare molto di più! A partire da oggi è necessario e doveroso lavorare con maggior impegno in favore delle nostre famiglie: delle coppie, dei giovani, delle persone anziane. I consigli pastorali possono diventare fucìne di idee per ravvivare la pastorale in tal senso.

Carissimi, attiviamo i nostri collaboratori per trovare vie nuove, sulla base del Vangelo e del Magistero della Chiesa, affinché la pastorale familiare assuma un volto rinnovato più rispondente ai bisogni e alle necessità del nostro tempo.

Che il Signore ci assista e ci accompagni!