Chiesa di Rieti

Facciamoci ispirare da Lei per la settimana che verrà

«In questi giorni di dolore e paura facciamoci ispirare da Colei che sa, perchè l'ha conosciuto dal di dentro, cosa sia il dolore: e lasciamo che sia Lei, ad accompagnarci la prossima settimana per entrare dentro i Misteri della Passione, della Morte e della Risurrezione di Gesù», ha detto il vescovo nella sua riflessione dopo il rosario di ieri sera

La Madonna del Popolo, di fronte alla quale ormai da venti giorni ci ritroviamo in preghiera ogni sera per la recita del rosario, è un’antica icona realizzata da un anonimo artista di scuola umbra nel quattordicesimo secolo. Tre secoli più tardi, tra il 1679 e il 1680, l’architetto Antonio Ripoli progettò la Cappella, e vi collocò l’antico dipinto staccandolo accuratamente dall’abside della chiesa cattedrale.

È osservando dal punto di vista artistico il luogo dove ogni sera la città di Rieti si ritrova in preghiera, che il vescovo Domenico ha iniziato la sua meditazione di giovedì sera.

«Concentrancoci per un attimo sull’antica icona mariana, notiamo che sono due i colori prevalenti, il rosso e il blu: il rosso, secondo l’antica iconografia orientale, è il segno della divinità, il blu quello dell’umanità: la divinità nasce dall’essere Lei, Maria, piena di grazia, ma l’umanità?».

In che consiste l’umanità di Maria di cui il colore blu è il segno identificativo?

«Non è tanto l’essere stata madre e neanche Colei che ha generato il Verbo della vita prima nel suo cuore poi nel suo grembo», ha detto monsignor Pompili.

«Consiste in quello che il popolo di Dio ha sempre intuito, definendola semplicemente Virgo dolens: addolorata, dunque, non certo arrabbiata. E la pietà popolare ha indugiato sul dolore di Maria, identificandosi con Lei più che con chiunque altro, e così si è diffusa la pietà mariana intorno ai sette dolori della Vergine, a cui proprio stamattina papa Francesco si è ispirato nella sua meditazione. Sono infatti sette i momenti documentati dai Vangeli che rivelano l’umanità di questa donna, e l’avvicinano alla nostra condizione segnata in questo momento dall’esperienza che viviamo: la profezia di Simeone, appena quaranta giorni dopo la nascità di Gesù, la fuga in Egitto, lo smarrimento di Gesù al tempio appena dodicenne, la sofferenza del Figlio ormai sulla via della Croce, la sua morte, poi la discesa di Gesù dalla Croce, e infine la sua sepoltura».

«In questi giorni di dolore e paura – ha concluso il vescovo – facciamoci dunque ispirare da Colei che sa, perchè l’ha conosciuto dal di dentro, cosa sia il dolore: e lasciamo che sia Lei, ad accompagnarci la prossima settimana per entrare dentro i Misteri della Passione, della morte e della Risurrezione di Gesù, per far nostre, almeno le prime parole del celebre testo di Jacopone da Todi: Stabat Mater dolorósa iuxta crucem lacrimósa, dum pendébat Fílius: addolorata, in pianto la Madre sta presso la Croce da cui pende il Figlio».