Evangelizzati dalle periferie. Dialogo con il Card. Parolin

Il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato di Sua Santità: «cercare maniere molto concrete di avvicinare le necessità dei poveri dovrebbe diventare il programma di ogni comunità cristiana».

«Frontiera» è un giornale di periferia, come del resto anche Rieti è una città di periferia. Il concetto di periferia è molto caro a Papa Francesco, ma immagino anche a lei. Come vede le periferie dal suo punto di osservazione, molto prestigioso, ma anche molto particolare, forse un po’ ovattato…

No, non credo sia ovattato. Dipende dalla sensibilità di ciascuno. Credo che Papa Francesco ci stia insegnando questa apertura del cuore nei confronti di tutta la Chiesa e di quelli che possono essere considerati i luoghi un po’ più lontani, di quelle che sono considerate le periferie. E credo che con questo termine il Papa voglia riferirsi anche all’esperienza che ha fatto nella sua Buenos Aires e che si fa anche in molte città latino americane. In questo senso anch’io ho avuto modo di vedere dal vivo tutte queste immense, sterminate distese di baraccopoli: periferie geografiche, ma sono sopratutto periferie sociologiche. Quindi l’invito è quello di avere il cuore aperto verso i poveri. E non soltanto perché i poveri hanno bisogno del nostro aiuto, ma per avvicinarci, per evangelizzare i poveri in un certo senso – che poi è stata la missione di Gesù: «Sono venuto per evangelizzare i poveri» (Lc 4, 18) – ma anche per essere evangelizzati dai poveri, perché i poveri ci insegnano come metterci difronte a Dio e come, anche, essere solidali con gli altri. Io spero che abbiamo il cuore aperto, e la mente e gli occhi aperti per accorgerci di queste realtà, per assumerle e per lasciarci influenzare nel nostro stile di vita e nello stile della nostra missione.

A proposito di questo, proprio pochi giorni fa sotto il colonnato di San Pietro sono state inaugurate le docce volute da Papa Francesco anche con l’aiuto del nuovo elemosiniere. Che consiglio potrebbe dare alle piccole realtà, alle diocesi, alle parrocchie nei confronti di questi poveri?

Io credo che questo è un segno di un’accoglienza molto concreta. Quando San Giacomo dice nella sua lettera che sarebbe un insulto dire ad un povero va, vestiti, mangia e non fare nulla per lui… ecco, io credo che tutti possiamo fare qualche cosa: questo è l’invito. Nella realtà in cui ci troviamo – possono essere realtà grandi o piccole, realtà povere o più dotate di risorse – ma tutti possiamo dare qualche cosa. E cercare maniere molto concrete di avvicinare le necessità dei poveri dovrebbe diventare un po’ il programma di ogni comunità cristiana: sia essa una diocesi, una parrocchia o un qualunque altro gruppo. Il Papa ci insegna questo e dobbiamo raccogliere questo insegnamento.

In questi giorni Papa Francesco ha detto che la Chiesa è donna perché non è «il Chiesa». Se ne parla tanto del ruolo della donna nella Chiesa. Secondo lei quali potrebbero essere i primi passi per una maggiore valorizzazione della donna nella Chiesa?

Io credo che si sia fatta molta strada in questo senso nella Chiesa. Le donne hanno trovato sempre più posto. Credo anche che occorra fare ancora tanta strada. D’altra parte noi vediamo che in America Latina come anche in Italia chi collabora più direttamente con la vita della Chiesa sono proprio le donne. Forse il problema è quello di trovare la maniera di inserire sempre più una presenza femminile anche al livello decisionale della Chiesa, lì dove i laici hanno un loro ruolo. E credo che questi spazi si possano allargare sempre di più. Ma per il resto credo che se non ci fossero le donne la Chiesa soffrirebbe molto.

Dal suo osservatorio lei ha un po’ come su una tavola sinottica tutte le varie situazioni di crisi nel mondo. Al di là di quelle che noi conosciamo perché sono molto presenti nei mezzi di comunicazione, quali sono quelle che preoccupano di più la Santa Sede?

Certamente una delle crisi che attualmente ci sta preoccupando di più è la crisi ucraina, che è ben nota. Speriamo davvero che possa prevalere il buon senso e la saggezza di trovare una via d’uscita negoziata e di raggiungere la pace. Poi anche molte crisi africane, soprattutto quelle legate alla presenza di Boko Haram nella Nigeria e che adesso si stanno anche espandendo in Camerun e come fenomeno di destabilizzazione dell’Africa subsahariana. Ecco queste sono le crisi… potremmo parlare anche del Medio Oriente, anche lì la situazione è davvero drammatica. Queste sono le crisi che ci preoccupano e per le quali cerchiamo anche di dare un aiuto da parte nostra. Soprattutto il Papa lo fa e poi anche la diplomazia vaticana, per cercare che le parti si avvicinino e riescano a deporre le armi e a trovare uscite negoziate di pace.