Europa

Europa: alla ricerca di una strada per ripartire insieme

Creare percorsi comuni di aiuto tra gli stati europei una volta finita l’emergenza del coronavirus. Un’idea che gli Stati Membri dell’Unione Europea non sempre riescono a mettere in pratica a causa di interessi economici individuali. L’intervista a Leonardo Manzari direttore dell’Istituto Europeo del dialogo euroasiatico

“Anche noi ci siamo accorti che non possiamo andare avanti ciascuno per conto suo, ma solo insieme”. Le parole pronunciate da Papa Francesco, nell’omelia  dello scorso 27 marzo, nello storico momento di preghiera sul sagrato della Basilica di San Pietro con la piazza vuota, per chiedere al Signore la fine della pandemia, sono riecheggiate potenti in tutto il mondo. Tanti i leader in Europa che, accogliendo l’invito del Papa, hanno sottolineato la necessità di lavorare insieme, sia in questo momento di emergenza sanitaria mondiale, che dopo, quando tutto sarà finito, ma ci sarà bisogno di ricostruire “un’economia sociale” . Ma nonostante gli sforzi di creare un percorso di aiuti comune, non sempre si riesce a trovare accordi, facendo prevalere gli interessi individuali delle varie nazioni.

Un’Unione Europea che fa i conti con il passato

“Il prevalere degli egoismi nazionali – spiega Leonardo Manzari direttore dell’Istituto Europeo del dialogo euroasiatico – è una caratteristica purtroppo storica della Europa, accentuata ulteriormente dalle ferite della Seconda Guerra Mondiale che soprattutto nell’area centro-orientale non sono completamente rimarginate. È quasi fisiologico che in quelle zone vi sia una certa riluttanza a cedere una parte della loro sovranità, sebbene nell’ambito di processi democratici come quelli dell’Unione Europea, a favore di soggetti esterni a loro. È chiaro che rispetto a questo tipo di situazioni diventa difficile trovare una omogeneità di vedute e una effettiva condivisione”.

La recente condanna della Corte di giustizia Ue a Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria per aver rifiutato di conformarsi al meccanismo temporaneo di ricollocazione di richiedenti asilo creato nel 2015, ed essendo così venute meno agli obblighi definiti dal diritto dell’Unione, come si commenta?

R – Stiamo parlando di paesi che tuttora vivono con una certa difficoltà il doversi adeguare a degli obblighi imposti dall’Unione Europea e che vivono con difficoltà la delega di una parte della loro sovranità. Quindi questo tipo di situazioni sicuramente non vengono tuttora accettate. Naturalmente l’Unione Europea deve adottare delle linee strategiche che siano di lunga visione perché non vi è dubbio che chi è in stato di necessità vada innanzitutto aiutato; poi il dibattito su quello che può essere o deve essere la composizione sociale anche della nostra Unione è un discorso a parte, ma aiutare chi è in difficoltà e chi fugge dalle guerre non è un’opzione, è un obbligo morale di tutti.

Secondo lei quali sono gli scenari economici e sociali che si apriranno nel dopo coronavirus?

R – Non vi è dubbio che su questo, le istituzioni delle grandi organizzazioni multilaterali devono indicare la strada. I principi di base ci sono già, sarebbe importante che di grandi blocchi economici e politici, adottassero anche una applicabilità delle regole del commercio ma non solo, anche nei confronti del gigante cinese perché in questi giorni stiamo vivendo delle situazioni indotte dal fatto che molte delle normative necessarie per accedere ai nostri mercati, non vengono rispettate e questo sta comportando una effettiva recessione che riguarda tutto il mondo.

Da Vatican News