Eucaristia e sofferenza / 4

Leggendo la lettera Apostolica Salvifici Doloris (1984), si può certamente dire che insieme con la passione di Cristo ogni sofferenza umana si è trovata in una nuova situazione. Nella Croce di Cristo non solo si è compiuta la redenzione mediante la sofferenza, ma anche la stessa sofferenza umana è stata redenta. Il Redentore ha sofferto al posto dell’uomo e per l’uomo. Ogni uomo ha una sua partecipazione alla redenzione. Ognuno è anche chiamato a partecipare alla sofferenza, mediante la quale si è compiuta la redenzione. È chiamato a partecipare a quella sofferenza, mediante la quale si è compiuta la redenzione. Operando la redenzione mediante la sofferenza, Cristo ha elevato insieme la sofferenza umana a livello di redenzione. Quindi ogni uomo, nella sua sofferenza, può diventare partecipe della sofferenza redentiva di Cristo.

Cristo ha insegnato all’uomo a far bene con la sofferenza ed a far del bene a chi soffre. In questo duplice aspetto ha svelato fino in fondo il senso della sofferenza e il suo grande amore per tutti noi.

Anche dalla Esortazione Apostolica Post-sinodale Christifideles Laici del 1988, ci viene l’insegnamento che anche i malati sono mandati come operai nella sua vigna. Il peso, che affatica le membra del corpo e scuote la serenità dell’anima, lungi dal distoglierli dal lavorare nella vigna, li chiama a vivere la loro vocazione umana e cristiana ed a partecipare alla crescita del Regno di Dio in modalità nuove,molto più preziose. Si fa sempre più numerosa, e talvolta anche totale ed esclusiva, la presenza di fedeli laici, uomini e donne: proprio loro, medici, infermieri, altri operatori della salute, volontari, Ministri Straordinari della Comunione, sono chiamati ad essere l’immagine viva di Cristo e della sua Chiesa nell’amore verso i malati e i sofferenti.

Ritengo che sia necessario, che questa preziosa eredità, che la Chiesa ha ricevuto da Gesù Cristo “medico di carne e di spirito” non solo non venga mai meno, ma sia sempre più valorizzata e arricchita attraverso una ripresa e un rilancio decisivo di una azione pastorale per i malati e i sofferenti. Dev’essere una azione capace di sostenere e di promuovere attenzione, vicinanza, presenza, ascolto, dialogo, condivisione e aiuto concreto verso l’uomo nei momenti nei quali, a causa della malattia e della sofferenza, sono messe a dura prova non solo la fiducia nella vita ma anche la sua stessa fede in Dio e del suo amore di Padre. Uno dei fondamentali obiettivi di questa rinnovata e intensificata azione pastorale, che non può non coinvolgere e in modo coordinato tutte le componenti della comunità ecclesiale, (Vicarie, Parrocchie, Diocesi), è di considerare il malato, il portatore di handicap, il sofferente, il povero, l’aziano non semplicemente come termine dell’amore e del servizio della Chiesa, (nei ritagli di tempo pensiamo ai malati) bensì come soggetto attivo e responsabile dell’opera evangelizzatrice e di salvezza.

Concludo con le parole di Benedetto XVI, Sacramentm Caritatis n. 86, che cosi recitano: «Quanto più nel cuore del popolo cristiano sarà vivo l’amore per l’Eucaristia, tanto più gli sarà chiaro il compito della missione: portare Cristo. Non solo un’idea a Lui ispirata, ma il dono della sua stessa Persona. Chi non annuncia la verità dell’Amore al fratello non ha ancora dato abbastanza. L’Eucaristia come sacramento della nostra salvezza ci richiama così inevitabilmente all’unicità di Cristo e della salvezza da Lui compiuta a prezzo del suo sangue».

Preparandoci al Congresso Eucaristico diocesano, possiamo dire che Gesù, invece dei potenti, chiama a sé coloro che sono stanchi e oppressi, malati e poveri e il giogo che gli impone è dolce e leggero. Lui è il primo dei poveri, dei semplici, dei miti. Lui si carica per primo la croce sulle spalle: è la sua vicinanza che rende sopportabile e leggera la croce di chi lo segue. La legge del regno di Dio è la legge del più piccolo, del più fragile del più povero. Dio sceglie gli umili, i malati, i semplici, gli ignoranti, i poveri. Speriamo che come Chiesa anche noi facciamo lo stesso. Riflettiamoci con un buon esame di coscienza, forse cambieranno tanti dei nostri atteggiamenti.