Eucaristia e Missione

Nell’approssimarsi del Congresso Eucaristico diocesano è opportuno proporre una riflessione, anche se breve, sullo stretto legame tra Eucaristia e missione.

» Signore da chi andremo?

L’eucaristia è la vetta e la sorgente della vita cristiana. E la vita cristiana è essere missionari di Gesù come Gesù è missionario del Padre: “Come il Padre ha mandato me anch’ io mando voi” (Gv.20,21). La sera del giorno della risurrezione, Gesù spezza il pane in compagnia di due discepoli, poi scompare. Essi si alzano e si mettono in cammino. La piccola ma vivace comunità degli inizi persevera nello spezzare il pane, cresce, si diffonde. Dal suo interno irradia vita, una vita che raggiunge tutti perché offerta e donata a tutti, senza distinzione di razza, di condizioni sociali, di sesso. In ogni celebrazione eucaristica viene invocato lo Spirito Santo perché trasformi il pane e il vino nel corpo e nel sangue di Gesù. Ma viene invocato anche perché “ci riunisca in un solo corpo” (Preghiera eucaristica II) e anche “perché diventiamo in Cristo un solo corpo e un solo spirito” (Preghiera eucaristica III), condizione essenziale “perché il mondo creda” (Gv17,21). Giovanni Paolo II nella Redemptoris missio scrive:” Lo Spirito Santo li trasformerà (i discepoli) in testimoni coraggiosi del Cristo e annunciatori illuminati della sua Parola: sarà lo Spirito a condurli per le vie ardue e nuove della missione”(RM 87).

» Nel pane la sua e la nostra storia

Quel Gesù che è nato duemila anni fa è lo stesso che è vivo per noi nell’Eucaristia. Quella sera, l’ultima della sua vita terrena, il piccolo gruppo dei suoi amici, più che in ogni altra occasione, ascoltava le sue parole e i suoi gesti che consolavano e rattristavano, davano pace e turbamento. Un rapporto intenso, coinvolgente si era instaurato tra Gesù e i suoi discepoli. Oggi l’eucaristia ci porta in un rito strutturato da secoli, dove la mensa è diventata un altare, la “camera alta” una chiesa, le parole di Gesù una “forma” da ripetere, i dodici una folla spesso anonima. Con l’impegno di recuperare quel rapporto personale, intenso con Gesù che i discepoli hanno vissuto nell’ultima cena, dalle nostre eucaristie può nascere la stessa ansia che mosse gli apostoli ad andare in tutto il mondo a portare la lieta novella. Al centro di ogni eucaristia ascoltiamo sempre il racconto evangelico della cena: “prese il pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: “Questo è il mio corpo dato per voi, fate questo in memoria di me” (Lc 22,19) Il pane, diventato suo “corpo”, è Gesù di Nazaret con la sua storia e la sua vita, dal suo nascere nella povertà di Betlem fino al suo salire al cielo. A questa storia e a questa vita noi prendiamo parte. Nel pane c’è lui, vivo che porta la buona notizia del regno ai poveri, che accoglie e perdona, che serve e ha compassione, che prega perché il regno venga… Credendo e mangiando di questo pane, noi prendiamo parte alla sua missione. Veniamo progressivamente configurati a lui, divenendo con lui costruttore del regno. L’eucaristia fa entrare la nostra fragile evangelizzazione nel mistero dell’evangelizzazione di Gesù.