L’etica nell’attività sanitaria: buona partecipazione all’incontro promosso dalla diocesi

Si è svolto sabato 21 gennaio 2017, presso l’Auditorium Varrone, l’incontro formativo “L’etica nell’attività sanitaria, la risposta cristiana in tempo di crisi”. La giornata di studio e di riflessione è stata organizzata dall’Ufficio per la Pastorale della Salute della Chiesa di Rieti, diretto dal diacono Nazzareno Iacopini.

L’appuntamento ha fatto registrate una buona partecipazione di pubblico, tanto più apprezzabile in relazione a un tema – quello dell’etica medica – che, come ha sottolineato uno dei relatori, “può apparire ovvio, ma in realtà è assai mal digerito da più parti”. Di sicuro si tratta di un tema “coraggioso in assoluto, ma ancor più nella difficile situazione legata al terremoto che la diocesi di Rieti sta vivendo in questi mesi”.

E proprio un episodio recente verificatosi nelle aree colpite dal sisma è stato al centro della breve riflessione del vescovo Domenico, il quale ha suggerito che il crollo, sotto il peso della neve, del presidio sanitario temporaneo allestito dalla Asl reatina ad Amatrice è un’immagine eloquente del modo contemporaneo di intendere la salute formalmente come qualcosa di centrale, ma in realtà come qualcosa di periferico: “La salute oggi è proprio come quella tenda: basta una nevicata consistente per farla franare. Quella tenda diventa allora l’emblea della precarietà della salute”. Una precarietà che, in tempo di crisi appunto, richiede di essere affrontata con un di più di creatività. Il concetto, molto caro al vescovo che lo ha proposto con forza anche al clero diocesano nell’ultimo incontro mensile di Greccio, appare oggi “l’unica condizione in grado di far andare avanti la creazione”, il quid capace di riaccendere la consapevolezza del fatto che “la salute non è soltanto un diritto di ciascuno, ma anche un dovere in relazione al quale ciascuno deve metterci del suo”, così da strappare il mondo della sanità da quel clima ora rassegnato ora polemico che perennemente lo attanaglia e restituirlo a una prospettiva ariosa che non è né può essere quella, continuamente lamentata dagli operatori, dei vincoli, delle leggi e del formalismo. In luogo di una simile logica, che annienta la persona, occorre un “sussulto di creatività”, la cui declinazione cristiana – l’altro polo della manifestazione organizzata dalla pastorale sanitaria reatina – non può che esplicarsi in quella “capacità di simpatia, sintonia e empatia verso l’indifeso che è sempre stata propria della tradizione cristiana fin dal suo sorgere”.

Dopo mons. Pompili si sono alternati al microfono dell’Auditorio Varrone, moderati dal vicepresidente dell’Associazione medici cattolici di Rieti Tommaso Cosentini, diversi relatori. Oltre al presidente della medesima associazione, Paolo De Benedetto, hanno preso la parola anche mons. Andrea Manto, sacerdote, medico e direttore della pastorale della salute della diocesi di Roma, e Dario Sacchini, docente di bioetica presso la facoltà di medicina dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma. Mentre quest’ultimo si è concentrato, a partire dalla sua esperienza sul campo, su una disamina analitica delle varie criticità legate all’oggetto del convegno, criticità che potranno essere superate solo se la sanità potrà contare su “duri coraggiosi”, il primo, che ricopre anche il ruolo di responsabile regionale della pastorale sanitaria, ha sviluppato, a partire anche da noti passi tratti dalla Scrittura, un suggestivo e affascinante approccio “sapienziale” al tema del convegno, l’alternativa al quale – lo ha detto senza mezzi termini don Andrea – è l’inevitabile “ritrovarsi senza assistenza sanitaria, un pericolo purtroppo già alle porte. Senza un ripensamento profondo della nostra pratica sanitaria, che includa anche – e qui si è colta una forte consonanza con le parole di mons. Pompili – la presa in carico comunitaria del problema, coloro che potranno pagarsi un’assicurazione sanitaria saranno sempre meno e le assicurazioni diventeranno sempre più ‘cattive’ nel massimizzare il profitto”. Naturalmente le previsioni fosche del medico sacerdote non hanno precluso spazio alla dimensione irrinunciabile della speranza: “Se è vero che il terremoto può manifestarsi in forme molteplici nella nostra vita è anche vero che in questa dinamica l’ultima parola, come ci ricordano i Vangeli che si leggono tra la fine del tempo ordinario e le prime domeniche di Avvento, non l’ha ciò che distrugge, ma ciò che costruisce, e la vittoria non va alle tenebre del Venerdì Santo, bensì alla luce del mattino di Pasqua. L’agire sanitario è un agire che comunica speranza, sempre, anche nelle diagnosi infauste, dove la speranza, per chi crede, è certamente anche quella della vita eterna, ma anche quella insita nella possibilità di rendere ogni giorno straordinario perché riempito di verità, di luce, di amore, di relazioni umane calde, vive, empatiche, che trasformano anche le situazioni umanamente più negative“.