Scuola

Educazione e media digitali: “ciò che è giusto” prima di “ciò che piace”

Un interessante incontro dedicato alle sfide che all’educazione pone l’era digitale, quello svolto giovedì scorso all’Istituto Magistrale, promosso dalla scuola in quanto capofila per la formazione dei docenti e dal comitato reatino dell’Aiart.

Un interessante incontro dedicato alle sfide che all’educazione pone l’era digitale, quello svolto giovedì scorso all’Istituto Magistrale, promosso dalla scuola in quanto capofila per la formazione dei docenti e dal comitato reatino dell’Aiart, associazione di ispirazione cattolica nata in Italia quando è nata la tv.

Dopo essersi definita a lungo come associazione spettatori, ora l’Aiart ha scelto quella di “cittadini mediali”: pur restando l’acronimo che fa riferimento agli ascoltatori radio-televisivi e pur non mettendo da parte l’attenzione a quello che fino a non molti anni fa sembrava essere il medium più invasivo nella vita della gente, l’associazione negli ultimi tempi ha allargato sempre più il proprio campo d’interesse verso le nuove tecnologie e i nuovi strumenti che rendono le persone sempre più protagoniste.

Visto dalla parte di chi educa, si apre un mondo che richiede conoscenza, consapevolezza, saggezza e scaltrezza pedagogica. E alla platea di insegnanti, educatori, genitori presenti giovedì pomeriggio nell’aula magna dell’Istituto Magistrale sono arrivati numerosi e interessanti input in merito da parte del presidente regionale Aiart Marche, il maceratese Lorenzo Lattanzi, invitato ad animare l’incontro formativo, organizzato dall’Istituto con il comitato reatino Aiart, su “Ripensare l’educazione nell’era digitale”. Sì, ripensare. Perché la realtà delle nuove tecnologie, sempre più multiforme e multifunzione, di sfide a chi ha compiti educativi ne pone parecchie.

Ad aprire il pomeriggio, il saluto della referente provinciale Aiart Gianna Serani, emozionata fino alla visibile commozione nell’introdurre, lei donna di scuola ormai da alcuni anni in pensione (è stata a lungo insegnante e poi preside), un momento che ha visto il mondo scolastico – ma non solo – interessarsi di un argomento così dirompente per chi ha responsabilità educative. Anche la dirigente scolastica dell’istituto ospitante, Gerardina Volpe, ha ribadito l’importanza, per la realtà della scuola e in particolare per un istituto attento alle scienze umane e alla formazione, di dare attenzione a tematiche che puntano a creare consapevolezza e spirito critico nelle giovani generazioni.

Sono seguiti i saluti dei rappresentanti dei soggetti civili ed ecclesiali che all’iniziativa hanno offerto il loro patrocinio: per l’amministrazione comunale, l’assessore ai Servizi sociali, Giovanna Palomba, che ha richiamato l’importanza di una collaborazione tra scuola e famiglia nell’affrontare determinate problematiche, restando come scuola ancorata ai più genuini valori tradizionali e al tempo stesso con l’attenzione alle novità come «la cultura digitale, un mondo difficile da affrontare, dove i nostri ragazzi appaiono strapotenti nell’utilizzare i nuovi strumenti della realtà virtuale e poi assai fragili nei rapporti interpersonali nella vita reale»; per la Chiesa locale, il direttore dell’Ufficio diocesano comunicazioni sociali, David Fabrizi, che – recando anche il saluto del vescovo Domenico Pompili – ha richiamato quanto la “battaglia” digitale, riguardo la quale non manca «una ricca pubblicistica in materia tra “apocalittici e integrati”», costituisca una delle doverose attenzioni cui non ci si può sottrarre da parte di chi ha a cuore la formazione delle giovani generazioni.

Davvero “abbondante”, come da lui preannunciato, l’intervento del relatore, che ha proposto una chiacchierata ricchissima di spunti e coinvolgente per tutti i partecipanti, guidati da Lattanzi, esperto di media education, nell’aprire gli occhi su questo mondo in cui i nostri bambini e ragazzi sono ormai immersi sin da piccolissimi. E lo sa bene lui, appassionato maestro elementare, oltre che con un bel dottorato di ricerca in materia, il quale coi ragazzini lavora quotidianamente e non perde l’occasione, anche nel suo lavoro, di sforzarsi di «educare ai media grazie ai media», aiutando i fanciulli stessi, i colleghi, le famiglie ad aprire gli occhi e a non farsi dominare da quel sistema che il business delle aziende sa furbescamente cavalcare molto bene.

Che non significa, ha più volte chiarito il relatore, parlare male di internet e dei nuovi media, perché di opportunità ne offrono molte, ben più dei media tradizionali. Ma rispetto ai furbastri che di vogliono sempre più consumatore e sempre più controllato occorre essere più furbi… Cominciando a sfatare alcuni miti, come la bufala dei “nativi digitali”: «è vero che le giovani generazioni sono naturalmente portate all’uso del digitale? O piuttosto vi sono indotte?», dato che sin dalla primissima infanzia i bimbi cliccano sul tablet e giocherellano con diavolerie piene di lucette e touch. O la bufala che il cervello sia multitasking, cosa che è vera in non più del 2 per cento della gente: quasi tutti hanno bisogno di concentrarsi su una cosa per volta e il cervello, abituato a molte sollecitazioni rapide, arriva a fare un’enorme fatica (chi non se ne accorge, coi ragazzi di oggi?) a mantenere l’attenzione prolungata sullo stesso contenuto.

Lattanzi ha fatto riflettere sulla società che il digitale – pur non dovendo credere a un determinismo per cui in automatico esso crei situazioni e scelte – mette in luce: la complessità della realtà che la rete restituisce in modo amplificato, rendendo più difficile la ricerca di una verità che pure esiste; l’orizzontalità della rete, dove si è in qualche modo utenti e protagonisti allo stesso tempo e dove dunque diventa complicato stabilire dei limiti etici e deontologici, proprio perché l’importante è vendere il più possibile inseguendo il massimo dei clic; il collasso dei contesti, per cui sui social tutto si appiattisce; l’illusione della libera scelta quando in realtà è un algoritmo che sceglie per noi, controllando interessi, emozioni, preferenze e indirizzando di conseguenza il tutto secondo precise strategie di marketing. E tanto altro.

Il mondo del Web 3.0 è quello di che genera analfabetismo funzionale, che bombarda con continui stimoli, che disabitua allo sguardo diretto e alla considerazione dell’altro, che crea pseudo-artisti idolatrati dai ragazzini come youtuber e magari mai si vedono sui media tradizionali, ma anche, passando agli adulti, che alimenta quella polarizzazione a suon di like e inseguimento della “pancia” delle masse che tanto piace a certa politica.

E dunque: demonizzare, censurare, proibire? No, è l’indicazione di Lattanzi: piuttosto, prodigarsi nel limitare (dosando il che cosa, il quanto, il come in base alle età adatte: a tal proposito sono le famiglie a dover essere educate ad apposite forme di “dieta digitale” e di autocontrollo), selezionare, variare, accompagnare, soprattutto con l’esempio che sappia indicare “ciò che è giusto” prima di “ciò che piace”.