Ecco l’«auditorium dei poveri»

Una chiesa che ha attraversato la storia cittadina, quella conosciuta dai reatini come S. Giovenale o “della Scala”. In origine, in realtà, era S. Vincenzo il nome dell’antichissima chiesa (pare esistesse già prima dell’anno Mille, dato che ne trova traccia già nel Regesto farfense) posta in via Garibaldi a ridosso di Palazzo Blasetti. Ereditò poi il titolo di un’altra chiesa posta a poca distanza, sul retro dello storico palazzo, appunto la scomparsa S. Giovenale. Ma la devozione popolare ebbe la meglio nell’assegnarle, nel Settecento, l’ulteriore denominazione di S. Maria della Scala quando accolse il dipinto protagonista di un piccolo miracolo: un’immagine mariana, collocata lungo la scalinata dell’attiguo palazzo (allora della famiglia Amati), nel dicembre del 1739 fu vista lacrimare. L’affresco considerato miracoloso, dopo regolare indagine ecclesiastica condotta dal vescovo (che attestò la soprannaturalità dell’evento), venne quindi staccato dal palazzo e accolto, con tanto di placet papale, nella chiesa che da allora fu considerata, appunto, la sede della “Madonna della scala”. Ed è probabile che tale affresco si trovi ancora nella parete absidale, dietro la tela della Madonna del Carmelo che attualmente campeggia presso l’altare maggiore: questa l’ipotesi avanzata dall’architetto Stefano Eletuteri, il quale ha proposto una sintetica ma densa illustrazione del percorso storico-artistico dell’edificio sacro che la Diocesi ha voluto recuperare, affidandone l’uso alla ripristinata Confraternita degli artisti.

Quello di Eleuteri ha costituito l’intervento iniziale nel pomeriggio che, l’altra settimana, ha segnato l’inaugurazione dell’ex chiesa come Auditorium dei poveri: uno spazio che – come spiegato da David Fabrizi a nome della Confraternita – vuole aprirsi a quelle esperienze culturali «che vivono al di fuori delle “corti” e dei circuiti istituzionali». Un pomeriggio volutamente inserito all’interno del programma delle manifestazioni organizzate a margine di un evento culturale importante nella vita cittadina ma non inserito nei circuiti ufficiali, anzi forse un poco snobbato da enti e mass media: la rievocazione storica della canonizzazione di san Domenico. Una pagina rilevante nella storia medievale della Rieti spesso sede della corte papale: si trovava appunto qui Gregiorio IX quando, nell’estate del 1234, elevò agli onori degli altari il fondatore dell’ordine dei Predicatori, del quale sono state ricordate le fasi della morte, della fama di santità e del processo di canonizzazione nell’altro intervento che ha caratterizzato il pomeriggio, quello del padre domenicano Manolo Puppini. In conclusione, l’introduzione del dottor Massimiliano Dragoni all’esibizione che in serata ha salutato l’inaugurazione di tale auditorium: una bella proposta di musica rinascimentale offerta dall’ensemble dell’Anonima Frottolista, intervenuta poi, sabato sera, anche nella rappresentazione che nella chiesa di S. Domenico, al termine del corteo storico con figuranti in costume, strumentisti e sbandieratori, ha rievocato la cerimonia che dichiarò santo Domenico di Guzman.

Tornando al recuperato edificio, l’intervento di Eleuteri (di esso e degli altri si può seguire la videoripresa nella web tv del sito frontierarieti.com) ha permesso di apprezzare la ricchezza storica e artistica di S. Giovenale, al cui interno l’iconografia richiama in abbondanza la spiritualità carmelitana che ne ha caratterizzato il passato (non attestata storicamente la presenza di frati carmelitani: molto più probabilmente è stata la confraternita del Carmine a lasciare il segno dei santi e dei simboli legati al Carmelo). La chiesa – nella quale, va ricordato, nel 1893 venne ordinato sacerdote il venerabile Massimo Rinaldi – è rimasta chiusa negli ultimi anni per i non semplici lavori di restauro. Lavori che, finalmente conclusi, hanno permesso di restituire alla città questo piccolo gioiello architettonico, che sotto l’egida della Confraternita degli artisti si propone di diventare, ha spiegato ancora Fabrizi, «la casa e lo spazio espressivo di quanti oggi a Rieti si sentono sottocultura, nel tentativo di aumentare davvero le voci in città e provocare un po’ di sana agitazione culturale».

[download id=”370″]